Segnalo e propongo una sana lettura di Stefano Rodotà, <<Laicità e Governo sulla vita>> l' estratto di una lezione su che l'autore tenne a Torino in occasione del premio laico dell'anno 2010 pubblicato da Repubblica il 10 marzo dello stesso anno.
- Laicità rinvia ad autonomia, e questa si declina
come autodeterminazione.
Sì che, parlando di laicità, non possiamo più
ritenere che l´orizzonte sia individuato
soltanto dal rapporto tra due poteri, lo Stato e
la Chiesa, «ciascuno nel loro ordine,
indipendenti e sovrani», o dallo stesso
confronto tra secolarizzazione e religiosità.
È avvenuta una più complessa distribuzione dei
poteri, che individua la persona come
protagonista istituzionale.
La laicità, oltre che come principio di
organizzazione istituzionale e sociale, si
manifesta così anche come principio di
governo della vita, che inquieta a tal punto da
suscitare la tentazione di mimare un incipit
famoso, e annotare che «uno spettro s´aggira
per l´Italia – lo spettro
dell'autodeterminazione".
«La circostanza che il consenso informato trova
il suo fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della
Costituzione pone in risalto la sua funzione di
sintesi di due diritti fondamentali della
persona: quello all´autodeterminazione e
quello alla salute».
Queste parole della Corte costituzionale
individuano una distribuzione di poteri, la cui
portata può essere colta attraverso due rapidi
esercizi di riflessione storica.
Partiamo dal 1215, dalla Magna Charta e dal
suo habeas corpus, con la promessa del re a
ogni "uomo libero": «non metteremo né
faremo mettere la mano su di lui, se non in
virtù di un giudizio legale dei suoi pari e
secondo la legge del paese».
Siamo di fronte all' abbandono
laicizza il potere del re, che non riposa più sulla
sovranità/sacralità, ma si cala nel mondo, si presenta come
l´esito di una negoziazione complessa, che porterà poi alla
"autolimitazione" dello Stato sovrano come atto di
fondazione dei diritti pubblici subiettivi.
Sette secoli dopo, nel 1947, l´Assemblea
costituente approva l´articolo 32 della
Costituzione, che riconosce la salute come
diritto fondamentale e prevede che i
trattamenti obbligatori possano essere imposti
solo per legge.
Ma si aggiunge: «la legge non può in nessun
caso violare il limite imposto dal rispetto della
persona umana». È una delle dichiarazioni più
forti della nostra Costituzione, pone al
legislatore un limite invalicabile.
Quando si giunge al nucleo duro dell´esistenza,
siamo di fronte all´indecidibile. Nessuna
volontà esterna, fosse pure espressa da tutti i
cittadini o da un Parlamento unanime, può
prendere il posto di quella dell´interessato.
Siamo di fronte ad una sorta di nuova
dichiarazione di habeas corpus. Il sovrano
democratico, una assemblea costituente,
rinnova a tutti i cittadini la promessa di
intoccabilità: «non metteremo la mano su di
voi», neppure con una legge. La rottura è netta.
Non vi è più una autolimitazione, ma un vero
trasferimento di potere, anzi di sovranità.
Sovrana nel decidere della propria salute, e
dunque della propria vita, diviene la persona.
Passiamo al secondo esercizio storico, al quarto
secolo prima di Cristo quando Ippocrate
formula il giuramento che accompagnerà la
professione medica.
«Sceglierò il regime per il
bene dei malati secondo le mie forze e il mio
giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa».
Di nuovo una autolimitazione del potere, di cui
scopriremo la radicale inadeguatezza ventitre
secoli dopo, nel 1946, quando a Norimberga
vengono processati i medici nazisti. L´abuso del
potere medico attraverso la sperimentazione
sugli esseri umani provoca una reazione,
affidata al Codice di Norimberga, che si apre
con le parole «il consenso volontario del
soggetto umano è assolutamente necessario».
Dall´autolimitazione del potere del medico,
definita unilateralmente dal giuramento, si
passa ad un integrale trasferimento del potere
alla persona che, sottratta a quel potere, rinasce
come "soggetto morale".
L´autodeterminazione si identifica così con il
progetto di vita della persona.
Qui vita è
movimento ineguale, irregolare, multiforme»,
governato da un esercizio ininterrotto di
sovranità che permette quella libera
costruzione della personalità iscritta in testa
alla nostra e ad altre costituzioni.
E sovranità e
proprietà sono parole che, non da oggi,
accompagnano la definizione del nostro
rapporto con il corpo, dunque con la vita tutta
intera.
Respinto sullo sfondo il riferimento alla
proprietà, si creava la condizione propizia allo
Certo tra "sovrani" sono sempre
possibili tensioni o conflitti.
Ma, proprio per evitare che la
vita divenga un campo di battaglia, vengono definiti confini
che potere politico e medico non possono varcare,
escludendo che lo Stato abbia giurisdizione sulla vita, possa
considerare il corpo come un luogo pubblico, che è cosa
diversa da limiti coerenti con la natura della
autodeterminazione.
Un grumo di quelle rappresentazioni è ancora presente.
Ma le controversie rimangono. L´iconografia
tradizionale e gli antichi scritti sono fitti di
descrizioni nelle quali figure diverse si
contendono corpo e vita di una persona.
La
virtù e il diavolo, il sacerdote e il principe, il
medico e il soldato, le donne tentatrici e i
mercanti avidi sono tutti lì intorno ad una
spoglia, privata di libertà e autonomia.
Il pane e le bottiglie d´acqua sul
sagrato d´una chiesa o davanti ad una clinica, le
guadagna nuovi spazi e, proprio per questo, richiede un
scritte che rivendicano la proprietà d´un corpo
e d´una vita, la presentazione del diritto come
un´arma che uccide ripropongono con
deliberata violenza la negazione della
autodeterminazione.
E il Presidente del
consiglio manda una lettera alle suore che
avevano ospitato Eluana Englaro, addolorato
«per non aver potuto evitare la sua morte».
Non è il rammarico di un Re Taumaturgo al
quale è stato impedito di imporre le sue mani
per una guarigione altrimenti impossibile. È la
rivendicazione di un potere sulla vita, di cui il
politico vuole tornare a essere l´unico
depositario.
Intorno a noi è tutto un cercar di chiudere i
varchi aperti perché l´autodeterminazione
potesse essere esercitata. In un´ansia di
rivincita, l´alleanza tra libertà e tecnologie
viene rovesciata.
Le tecniche contraccettive
avevano reso possibile una sessualità liberata e
una maternità consapevole. Ma le tecnologie
della riproduzione o la pillola Ru 486
diventano l´occasione per riprendere il
controllo del corpo delle donne.
Le tecnologie
della sopravvivenza vengono trasformate nello
obbligo di sopravvivere attraverso
manipolazioni sconosciute alle leggi di altri
paesi. Si dovrà rinunciare ai loro benefici per il
timore di divenirne, poi, prigionieri?
Via via che si entra nel mondo nuovo della
scienza e della tecnologia l´autodeterminazione
ambiente pienamente laicizzato, dove tutte le opportunità
possano essere valutate senza pregiudizi.
Ma scienza e
tecnologia avviano anche processi di riduzione drammatica
della libertà di scelta che possono essere contrastati solo
esaltando al massimo le potenzialità della
autodeterminazione. Segnalo quella che chiamerei la
consegna della persona alla società dell´algoritmo.
Scopriamo sempre più spesso un mondo governato dall
´algoritmo, quello di Google o quello al quale la finanza
aveva affidato le scelte di investimento. E scorgiamo pure
una costruzione dell´identità sempre più sottratta alla
consapevolezza degli interessati, affidata invece a processi
variamente automatici.
(del 11 marzo 2010 fonte Repubblica di Stefano Rodotà)
“Laicità rinvia ad autonomia, e questa si declina come autodeterminazione”.
Fu Kant a prendere le mosse dalla classica distinzione tra autonomia e eteronomia della quale riportiamo un brano di Armando Massarenti tratto dal delizioso “Il filosofo tascabile” (Guanda Editore) che contiene, in formato tascabile, 44 ritratti fulminei, “minimi”, ironici e carichi di domande di filosofi di ogni tempo –
“Sapere Aude!” Abbi il coraggio di servirti delle tua propria intelligenza, è il famoso motto che Kant proponeva in risposta alla domanda “Che cos’è l’Illuminismo?” e dal quale è bene partire, oggi, per capire quanto innovativo fosse il suo pensiero nei campi della conoscenza, della morale e della religione.
Tutti, anche quest’ultimo, dovevano essere spiegati “entro i limiti della ragione”. Per mostrare il valore più autentico della religiosità umana, Kant prende le mosse dalla sua classica distinzione tre “autonomia” e “eteronomia”; l a quale prima che la religione, riguarda la morale, che Kant considera prioritaria rispetto a ogni singola credenza religiosa.
Essere autonomi significa essere capaci di pensare con la propria testa, e di fronte alle domande fondamentali – Come devo vivere? Che cosa è giusto fare? – ognuno deve fare ricorso solo alla propria, per quanto limitata, ragione, indipendentemente da ogni credo e da ogni autorità esterna.
Non solo la Chiesa, ma tutte le chiese di tutte le epoche, a cui oggi potremmo aggiungere tutte le forme di totalitarismo e di integralismo, secondo Kant non vogliono avere a che fare con degli uomini autonomi, ma eteronomi, cioè incapaci di capire da sé che cosa è giusto fare, secondo quella che egli pensa sia la “legge morale”.
Gli eteronomi, anche quando agiscono in conformità di quest’ultima, lo fanno seguendo precetti impartiti da altri e non per intima convinzione.
Dunque, aderite pure alla chiesa che volete, ma ricordatevi che la legge morale é, deve essere, innanzitutto, dentro di voi.
Eterenome per eccellenza, secondo Kant, sono quelle visioni che cercano di definire una volta per tutte la natura dell’uomo e ciò che lo rende felice. —
Tornando alle parole iniziali, e senza la pretesa
di chiudere un cerchio, la laicità si rivela un
presidio contro la pretesa di qualsiasi potere di
impadronirsi della vita, fino alla sua totale
spersonalizzazione. Non dirò che la laicità sia il
più umano dei principi, ma pure ad esso è
affidata la nostra problematica umanità.
(del 11 marzo 2010 fonte Repubblica di Stefano Rodotà)
“Laicità rinvia ad autonomia, e questa si declina come autodeterminazione”.
Fu Kant a prendere le mosse dalla classica distinzione tra autonomia e eteronomia della quale riportiamo un brano di Armando Massarenti tratto dal delizioso “Il filosofo tascabile” (Guanda Editore) che contiene, in formato tascabile, 44 ritratti fulminei, “minimi”, ironici e carichi di domande di filosofi di ogni tempo –
“Sapere Aude!” Abbi il coraggio di servirti delle tua propria intelligenza, è il famoso motto che Kant proponeva in risposta alla domanda “Che cos’è l’Illuminismo?” e dal quale è bene partire, oggi, per capire quanto innovativo fosse il suo pensiero nei campi della conoscenza, della morale e della religione.
Tutti, anche quest’ultimo, dovevano essere spiegati “entro i limiti della ragione”. Per mostrare il valore più autentico della religiosità umana, Kant prende le mosse dalla sua classica distinzione tre “autonomia” e “eteronomia”; l a quale prima che la religione, riguarda la morale, che Kant considera prioritaria rispetto a ogni singola credenza religiosa.
Essere autonomi significa essere capaci di pensare con la propria testa, e di fronte alle domande fondamentali – Come devo vivere? Che cosa è giusto fare? – ognuno deve fare ricorso solo alla propria, per quanto limitata, ragione, indipendentemente da ogni credo e da ogni autorità esterna.
Non solo la Chiesa, ma tutte le chiese di tutte le epoche, a cui oggi potremmo aggiungere tutte le forme di totalitarismo e di integralismo, secondo Kant non vogliono avere a che fare con degli uomini autonomi, ma eteronomi, cioè incapaci di capire da sé che cosa è giusto fare, secondo quella che egli pensa sia la “legge morale”.
Gli eteronomi, anche quando agiscono in conformità di quest’ultima, lo fanno seguendo precetti impartiti da altri e non per intima convinzione.
Dunque, aderite pure alla chiesa che volete, ma ricordatevi che la legge morale é, deve essere, innanzitutto, dentro di voi.
Eterenome per eccellenza, secondo Kant, sono quelle visioni che cercano di definire una volta per tutte la natura dell’uomo e ciò che lo rende felice. —