giovedì 26 aprile 2012

NEL LABIRINTO DI PERSICO ARCHITETTO GENIALE

                                     
                                          


Edoardo Persico, nato a Napoli nel 1900 e morto a Milano nella notte dell' 11 gennaio del 1936, è il più geniale critico d' architettura attivo negli anni Trenta, e non solo in Italia.

 Nel giro di pochi, febbrili anni assunse un ruolo di spicco nell' ambiente milanese, anche come condirettore della Casabella di Pagano. Capì il genio di Wright sfogliando solo foto, indicò ai migliori architetti milanesi la via della modernità europea, ed è lodevole che Skira ristampi Profezia dell' architettura, e Nino Aragno annunci l' opera completa.

 Il rapporto del medico legale dice che morì di miocardite.

 Alla sua morte Andrea Camilleri dedica il romanzo Dentro il labirinto, (Skira): è un classico processo indiziario, e non potrebbe esser diversamente, perché, attore e comprimari sono morti. 

«Ho scritto eventuale biografia perché questa mia non lo sarà... Il mio sarà il tentativo di percorrere il labirinto di un enigma». 

Ma di fatto scrive una biografia, tant' è che allega una carente bibliografia, e dedica ad essa 9 capitoli su 13. 

Nel primo si sofferma sui ritratti da morto che gli fecero amici pittorie fa le sue congetture, anche se alle sue domande e dubbi, dice di voler rispondere solo «con l' invenzione narrativa». 
All'Ambiguità politica dedica i capitoli 4 e 5, e fornisce la sua interpretazione. Era antifascista Persico, viene arrestato ripetutamente e rapporti di polizia lo confermano. In un ristorante a Napoli ha uno scontro con fascisti che cantano "Giovinezza", viene arrestato.

 Camilleri commenta: «Non antifascismo dunque, ma il timore che gli spaghetti alle vongole diventassero immangiabili».
 Sapendo che a Torino i suoi amici furono Gobetti, Venturi, Soldati, Carlo Levi che gli fece due ritratti si resta perplessi.
Per la stagione torinese Camilleri assume come suo Virgilio Angelo D' Orsi che, nelle sue indagini, mai si è occupato della morte. 

Il capitolo 7 lo dedica a Le congetture di Riccardo Mariani sulla morte: questi sostenne che Persico era stato ammazzato dall' Ovra, poi dagli antifascisti che avevano scoperto i suoi doppi giochi, poi da un compagno omosessuale, o forse s' era suicidato. 

Mariani, che spedì Pagano "volontario" a Mauthausen, ebbe in consegna le carte Persico-Gobetti dalla Fondazione Feltrinelli, e quelle di Pagano: mai le rese. Camilleri lavora sulle ipotesi di Mariani e sulle presunte confidenze di Annamaria Mazzucchelli, segretaria di Casabella, molto vicina a Persico e a Pagano: la signora smentì quando le lesse travisate, e lettere indignate sono nei documenti che la signora depositò alla Biblioteca Centrale di Roma nel 1986. Giovanni Persico, nipote di Edoardo, morì cinquantenne di cuore, come suo padre e suo nonno.
 Che Edoardo mal fermo di salute sin dall' infanzia - tubercolosi, cardiopatie, disturbi al fegato E per le bastonature subìte - che fumava 60 sigarette al giornoe viveva di caffè, sia morto di miocardite, come attesta il referto del professor Cazzaniga, mi pare la cosa più ovvia e ragionevole da pensare. Anche se un dato di fatto può risultare poco utile all' invenzione narrativa. Gli ultimi tre capitoli, 35 pagine su 136, Appunti per un romanzo, sono una ricostruzione "romanzesca" in tre tempi.

 Persico era un melanconico che passava dalla depressione a fasi di eccitazione: ma in un lustro produsse testi e progetti illuminanti.

 La di lui cristallina scrittura non induce a pensare che un torbido delatore possa esserne capace. L' autore non si avvale del bellissimo epistolario, nel quale si mette a nudo una persona debole, rosa da dubbi di ogni genere, capace anche di dire bugie come fece con Gobetti o, in altre occasioni, inventate da altri (i viaggi a Mosca), ma del tutto refrattario a inseguire le insinuazioni o le calunnie di cui era bersaglio.

 La sua proverbiale intransigenza gli aveva creato molti nemici a cui alluse con la Mazzucchelli e Giulia Veronesi.

 Leggendo le pagine del romanzo si ha il fondato sospetto che Camilleri l' abbia scambiato per Pjotr Verchovenskij di Dostoewskij, a me ha fatto pensarea L' idiota. 

Ma forse non fu né un demone, né un eletto: ma solo un esule fuggito da una città "africana", giunto in una città "cubica" e approdato a Milano dove trovò un asilo, dando il meglio di sé, e morendo di miocardite a 35 anni. Camilleri non si avvale delle testimonianze di una settantina di intellettuali di rango, di pittori e architetti che alla sua morte lo ricordano con parole commosse e devote: da Argan a Vittorini, da Gatto a Ponti per citare a caso. L' autore conclude ripetendosi: «Domando al lettore di considerarmi non uno storico, non un ricercatore ma un semplice romanziere».

 Ma è pur sempre valido l' ammonimento di Croce che per far biografia è necessario aver simpatia per il soggetto.

 Lionello Venturi, esule a Parigi, concluse così il ricordo di Persico: «È stata una luce la sua... che non è estinta, né si estinguerà fino a che alcuno di noi, che ne fu illuminato, saprà conservarla dentro nell' animo».



                                                          CESARE DE SETA


fonte La Repubblica.it