giovedì 10 maggio 2012

Profumo di Scuola e dintorni





Uno dei 60 impegni per la Francia, i punti centrali del “programma Hollande”, è sicuramente il rilancio della scuola pubblica. “Pedagogia, formazione e ritmi scolastici: bisognerà mettere tutto in discussione – ha affermato il politico socialista – perché la conoscenza, il sapere e l’istruzione non sono semplici spese, ma investimenti”. Non conosco Hollande e so perfettamente che gli impegni presi in campagna elettorale possono non corrispondere ad azioni concrete in seguito. Tuttavia, il fatto che il tema “scuola” sia stato uno dei nodi significativi della contrapposizione tra Hollande e Sarkozy rende ancor più stridente il contrasto con ciò che (non) succede da noi: un Paese triste e in crisi, dove di scuola si parla ormai solo ed esclusivamente per accertarsi che il fondo del barile sia stato davvero raschiato.

Ecco perché è importante partecipare al convegno, organizzato dall’associazione "Per la scuola della Repubblica", che si terrà sabato prossimo a Roma, "Il Profumo della scuola nell’era Monti". Non si tratta di un banale atto di testimonianza; né del velleitarismo di pochi. Si tratta, semmai, dell’ostinazione di alcuni cittadini a pensare come irricevibile l’implicito invito a gettare la spugna, ad arrendersi ad un modello di scuola sempre più povera e sempre più, perciò, iniqua; sempre più massificata e massificante, progettata artatamente per sfornare consumatori acritici e non cittadini consapevoli; una scuola che ai principi della cultura emancipante, dell’inclusione e della valorizzazione delle eccellenze, ha anteposto – e promette di anteporre sempre più – la logica del mercato; l’interesse del privato all’interesse generale.

Il 26 ottobre 1995 viene pubblicato “Dalla scuola del ministero alla scuola della Repubblica”: un documento sottoscritto da una parte molto significativa della cultura italiana, destinato a fare il giro dei collegi docenti di tutta Italia e a diventare la bandiera di intere generazioni di insegnanti. Partendo da una esplicita critica al “Documento dei 31", del 13 luglio 1994 (che proponeva un “sistema formativo pubblico, nazionale ed unitario, del quale partecipano scuole statali e non statali”), si individuava una difesa della scuola dello Stato appassionata sul piano dei valori e perfettamente razionale su quello dei diritti e della legalità; istruzione intesa come formazione dei cittadini alla partecipazione critica.

Nacque così un'associazione non di singoli, ma di comitati (tra cui quelli di Bologna, Roma, Treviso, Ferrara, Torino, Forlì, Bari, Padova) con una capillare partecipazione della base e un radicamento molto significativo in vari territori. Affermazione di un concetto di scuola come elemento costitutivo della struttura istituzionale dello Stato: nel tempo da questa premessa imprescindibile si sono sviluppati una difesa intransigente di alcuni principi fondamentali, quali la laicità della scuola; un deciso NO alle politiche di equiparazione tra scuola pubblica e scuola privata; l'esigenza di un continuo aggiornamento e adattamento della pedagogia, della didattica e della relazione educativa alle modificazioni di un mondo in rapido cambiamento. Sono questi i presupposti che animano ancora l’associazione – Per la Scuola della Repubblica – di cui ho l’onore di far parte.

100 giorni e “luna di miele” sono ormai da tempo trascorsi. Il governo Monti comincia a non incontrare più il gradimento dei primissimi tempi. Tra gli elementi che colpiscono noi insegnanti c’è lo strano rapporto che si è determinato tra un ministro che sul tema della scuola balbetta in maniera poco convinta annunci “di maniera” – quasi tutti concentrati sui temi connessi ad una visione piuttosto messianica delle tecnologie – e una scuola che affonda, indebolita da anni di massacro; oggi – dopo il primo respiro di sollievo post Gelmini – non più convinta della concretezza della sterzata che tutti attendevamo rispetto agli indirizzi e alle politiche di risparmio economico e culturale che hanno colpito la scuola durante l’ultimo governo Berlusconi.

Il profumo della scuola nell’era Monti non è solo quello classico, certamente “sobrio” ma poco penetrante dell’omonimo ministro: molto garbo, un curriculum di tutto rispetto e un’incapacità ormai conclamata di pensare alla scuola come quel meccanismo complesso che andrebbe rioliato, rinforzato, ripotenziato dopo anni di sabotaggi. Nel convegno, infatti, non si farà solo un bilancio della politica di annunci non seguiti da pratiche concrete di questi primi mesi; ma si parlerà del pesantissimo silenzio rispetto ad alcuni temi che stanno coinvolgendo il mondo dell’istruzione: gli imminenti test Invalsi, imposti surrettiziamente e mai accolti dalla scuola, senza che – né ai tempi della Gelmini, né oggi, con Profumo – si inaugurasse una fase di reale confronto per capire quali siano i reali motivi della diffidenza; il ddl Aprearestyling di una delle “minacce” più ostacolate del passato, riproposto oggi con modifiche che di fatto non ne depotenziano i pericoli; l’ipotesi della chiamata diretta degli insegnanti, resa concreta dalla legge regionale della Lombardia; l’attacco al valore legale del titolo di studio, destabilizzante auspicio verso una frammentazione dell’unitarietà del sistema scolastico nazionale; la concezione e l’impiego impropri della valutazione.

Antonia Sani, coordinatrice dell’associazione "Per la scuola della Repubblica" aggiunge: “Il “nuovo corso” che denunciamo in tutta la sua gravità si colloca oltre l’azione – o la non azione – del ministro Profumo, e ha radici nell’impronta di sudditanza all’UE conferita all’Italia da questo governo. Se fino a pochi mesi fa si pensava che i tagli alla scuola discendessero dai risparmi imposti dalla famigerata finanziaria del 2008, che riguardassero i “nostri” conti, il “nostro” bilancio, ora lo scenario è altro. Siamo stati improvvisamente catapultati nella dimensione dell’Europa dei mercati, dove ciò che conta è solo il pagamento del debito che pesa sul nostro Stato. Di scuola si parla poco, l’esistente si arrangia come può ma le prospettive configurano un modello formativo nettamente a forbice. E’ essenziale far percepire all’opinione pubblica che la posta in gioco è la formazione democratica delle future generazioni”.
Ha ragione Antonia: si tratta di un fatto essenziale.




                                                                     di Marina Boscaino