mercoledì 4 luglio 2012

Un Fulmine che Addomesticava. In Ricordo di un Docente


                                                       

Interpretare il senso delle cose, è spesso duro e difficile in alcune circostanze impossibile. Nei giorni scorsi è mancato il Professore Umile Altomare era conosciuto e stimato docente nella comunità di Là Mucone frazione di Acri, collega irrefrenabile, onesto e intellettualmente sincero. Era un singolare Docente, uno che credeva profondamente nel valore della conoscenza specie quella critica, indispensabile per conoscere il mondo e magari anche per trasformarlo ricreandolo, cominciando da noi, dai nostri gesti piccoli e cortesi dalle nostre più semplici azioni quotidiane.  Era un Professore, Umile Altomare, uno di quelli che è una fortuna incontrare nella vita - come insegnante e come collega – che ti  insegnano a colorare il mondo con l’immaginazione e la curiosità timone dell’esistenza e strumento per cambiarlo questo mondo. Credeva profondamente nell’importanza della cultura quella che ti rende migliore e ti rende figlio di una realtà storica e fisica nella quale abitare, anche attraverso un sistema di relazioni e un’organizzazione della vita che è forma degli individui che vivono uno specifico territorio come la zona prospicente Acri.
Ho sempre considerato Umile nell’accezione aristotelica del termine come  un autentico “animale politico” lui che amava profondamente gli animali, il suo cane; uno che amava vivere e stare  insieme ad altri non gregariamente, ma costruendo nella sua comunità un sistema di relazioni di rapporti con gli altri – con noi altri, i suoi colleghi, i suoi alunni, i suoi amici.
Capace di organizzare il suo modo di vivere. Possedeva il beneficio del lògos che è lotta per la razionalità, beneficio della parola che crea comunità; è spazio o reticolo collettivo di intelligenza.  Ha forgiato numerose generazioni di giovani nella scuola media Là Mucone, tante e variegate; ragazzi genuini e autentici come il sogno tenero della loro stessa giovane età. Erano in molti nella comunità della di Là Mucone grande “periferia” a riferirsi a lui sempre e comunque, non solo perchè per anni ha ricoperto in essa il ruolo della vice presidenza; ma anche quando nonostante i vari assetti e stravolgimenti amministrativi, era soggiogata - la scuola -  essenza e funzione, di quella “strana” istituzione singolare e “bipolare” che coniugava cioè la semplicità delle povere cose, alla floridezza e intensità dei rapporti umani, professionali, all’insegnamento e alla vita.
Ho conosciuto Umile diversi anni or sono, insegnavamo l’uno di fianco all’altro, eravamo vicini di aule colleghi delle stesse discipline, ma anche di passione e amore per la scuola, per i “nostri” ragazzi: Ricordi memorabili e indelebili, in quella stessa stessa scuola dove sono nate e costruite alcune tra le mie migliori e importanti amicizie, che rendono un senso a cosa significhi vivere la professione del docente da Docente, nel rispetto e nella stima reciproci, nella collaborazione continua, anche quella fatta a distanza, e  ritrovata sempre in qualunque circostanza, viva più di allora; dedita  alla interpretazione del senso della strana professione di insegnante che in tanti
 - docenti stessi -   pur ignorano ed offendono.
Apprenderne la perdita ha gettato in un turbinio di ricordi e tristezza, molti “vecchi” colleghi un triste giro di telefonate per una conferma giunta troppo in ritardo e dolorosissima.
La scuola di Là Mucone  a dirigenza Straface è stata forse la sua vera casa
 - ne ridevamo di questo - forse per questa stessa ragione non si è mai del tutto allontanato da essa fino in fondo, anche se consumato e talvolta anche deluso da essa. Per quella “Sua” Scuola si è sempre prodigato e speso senza alcun risparmio di sé. In quel luogo aveva costituito insieme ad altri valorosi docenti, in anni gloriosi e non troppo lontani, una “macroarea di passione” nella quale condividere il principio che si dovesse star bene tra docenti per far stare bene gli alunni. Anche da questo suo modo di vivere la scuola, nasceva il gusto per la vita, la sua passione per la cucina e l’amore per le cose autentiche e vere.  L’ultima volta ci siamo ritrovati a sfilare insieme durante la manifestazione acrese per la celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia; docenti non più nella stessa scuola ma all’unisono accorati e realisti nell’entusiasmo, ci siamo ritrovati anche a far sflilare il nostro orgoglio di Docenti di Storia con la nostra Passione civile, a parlare con composita dignità delle nostre sofferenze umane e delle disillusioni  professionali. Il nostro ultimo saluto un abbraccio, per un arrivederci che non si è trasformato in occasione d’incontro. Voglio perciò se possibile salutarlo ricordandolo adesso come un insegnante “organico” un uomo di gusto, partecipe di una concezione del mondo, che aveva una consapevole linea di condotta morale; che ha contribuito a sostenere e talvolta modificare quella stessa concezione del mondo, suscitando nuovi modi di pensare; uno di quelli  che riusciva sempre a infonderti sicurezza, calma, conoscendo quello che si deve e non si deve fare, magari improvvisando e ricorrendo alla creatività; uno di quelli che sanno tenere celate le angosce non i propri dubbi e le paure non le umane debolezze. Era netto, spedito e l’espressività dei suoi giudizi secca e levigata.  Lungimirante e progressista capace di immaginazioni visionarie; politico appassionato e fine intellettuale interessato al 900 letterario così come alla meridionalismo culturale, entrambi bussola di un suo prezioso discrimine morale. Non sapeva essere aspro nè pessimista, nè vinto nè vile, anche quando da politico avvertiva le ideologie disfare le certezze. E’ stato coraggioso e verace, ci mancherà.

Ci sono momenti infatti che rivelano in modo radicale la presenza del legame, che ti possono rendere vicini a una persona a un tempo e a un luogo; oltre che all’essere  e al sentirti vicino a qualcosa e qualcuno; che ti permettono di realizzare un costitutivo legame di amicizia più ampio e profondo, complessivo.  Questo è uno di quei momenti, è questa radicale presenza del legame amicale mi lega ai suoi familiari, agli altri colleghi che con lui hanno lavorato e vissuto, agli studenti  che lo hanno conosciuto e apprezzato, e a tutti quelli che gli hanno Saputo voler bene.
Il vuoto nel quale Umile ci lascia è più grande, forse perché ci ricorda che il sentire è proprio costitutivo dell’essere-con, dell’appartenenza a  che in questo caso è la casa comune: questo nostro strano mondo nel quale essere e fare il docente appare inconcludente e meschino, banale o forse poco più che inutile per alcuni; ma magari per altri una vera, alta e consapevole ragione di vita.
Umile è stato un docente magistrale uno di quelli che hanno insegnato la vita e la cultura; che meriterebbe invece la menzione di “addomesticatore” :  ci ha ricordato  e insegnato  che ha più senso di ogni senso il legame, anche quello nella sofferenza che lampeggia; quello nel bisogno, nella cura e nella premura, capace di fare brillare i legami professionali così come quelli umani e rendere i suoi amici sempre ricchi nel riabbracciarlo idealmente per incontrarlo nuovamente nei preziosi ricordi.
Umile Altomare è stato in grado di attestare d’un colpo l’improvvisa percezione del bisogno costitutivo dei sani legami, di cui è stato maestro e professore.
 Un fulmine che “addomesticava” legami, Umile.
Adesso solo un dolore che lampeggia nello sconcerto e nell’incredulità di avere smarrito un Caro Amico Professore; per provare a consolarsi nel solo patrimonio dei ricordi belli e colorati come i pranzi che preparava per noi colleghi, nei nostri allegri incontri insieme.  
Ciao Umile, Caro Amico Professore ci mancherai forse più della tua stessa capacità di creare legami, ecco perchè pensadoti ho sentito il bisogno di rileggere il XXI°capitolo del Piccolo Principe  di Antoine de Saint-Exupery, perchè a modo tuo hai Saputo essere anche tu, un poetico “piccolo-grande principe” di Là Mucone, uno di quelli eleganti e garbati che sanno bene come creare legami.

 (…) “Creare dei legami?”  “Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò' per te unica al mondo”."Comincio a capire" disse il piccolo principe. “C'e' un fiore (...) credo che mi abbia addomesticato...” La volpe ritornò' alla sua idea: “La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà' illuminata. Conoscerò' un rumore di passi che sarà' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà' uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù' in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che e' dorato, mi farà' pensare a te. E amerò' il rumore del vento nel grano (...)”
La volpe tacque e guardò' a lungo il piccolo principe: “Per favore (...) addomesticami”, disse. “Volentieri”, disse il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, però'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose”. “Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
“Che cosa bisogna fare?” domandò' il piccolo principe. “Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così', nell'erba. Io ti guarderò' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. (…) Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più' vicino (...)” Ci vogliono i riti".
"Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. (…)
Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe..E quando l'ora della partenza fu vicina: “Ah!” disse la volpe, “(...) piangerò'”. “La colpa e' tua”, disse il piccolo principe, “io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi (...)” “E' vero”, disse la volpe. “Ma piangerai!” disse il piccolo principe. “E' certo”, disse la volpe. “Ma allora che ci guadagni?” "Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
                                                                            Angela Maria Spina