sabato 5 aprile 2014

Donne che odiano altre Donne

Misoginia femminile


 
C’è un posto speciale all’inferno per quelle donne che si sono astenute dall’aiutare altre donne. Madlein Albreit
German Greer la famosa autrice di: L’Eunuco femmina, afferma che la sua preoccupazione maggiore nei confronti della questione femminile, è la misoginia femminile.
Solo a dirlo pare un’anatema, e solo poche donne pur sapendo che è vero, saranno disposte ad ammetterlo.
I pregiudizi, e le intime divisioni tra donne, sono molto più profonde di quello che si crede; il problema comunemente è ben mimetizzato dall’abbandanza di: tesoro”, “carissima amore, bella, con cui moltissime donne intercalano cicalecci pieni di tensione.
Gli uomini lo sanno benissimo, lo vedono con maggior chiarezza, e sono spesso pronti a servirsene per esercitare il loro potere.
Per le donne invece, la mancata consapevolezza di questa profonda ed intima ferita, spesso negata da idealizzazioni superficiali, che nulla hanno a che vedere con una reale integrazione emozionale e corporea, crea costantemente danni al loro senso di realtà e di identità.
Le radici del male sono antiche; parte dalle genitrici, sostanzialmente è una catena di dolore e rinnegamento, che si perpetua di madre in figlia.
La misoginia femminile è ben mascherata da luoghi comuni che attribuiscono alla donna una maggiore abilità nel creare le relazioni; quando invece andando oltre le apparenze, ostilità, antagonismo e incapacità di sostenersi l’un l’altra, sono di frequente il leit motiv della vita di molte donne, a partire dalla famiglia di origine.
Se le donne non saranno in grado di rinunciare all’atavica ipocrisia di cui si servono per mascherare antagonismo ed ostilità, sarà improbabile che riescano a trovare in se stesse e nel confronto con le altre, la forza necessaria per evitare di essere vittimizzate dal loro perenne auto-sabotaggio.
L’inconsapevole misoginia dalla quale sono afflitte, è l’ostacolo maggiore alla realizzazione della loro pienezza ed integrità. Anche se va considerato che è difficilissimo non interiorizzare un tale sessismo, a causa del rischio di rifiuto sempre alto da parte di madri, parenti ed educatrici varie.
Le donne hanno interiorizzato il linguaggio e le convinzioni di genere sessuale ereditato dalle madri, dalle nonne, e dalle bisnonne; per molte l’interiorizzazione di tale linguaggio, non è stato causato solo da necessità affettive, o di identità, ma anche da ragioni economiche. Non ci si può aspettare che dopo le migliaia e migliaia donne bruciate vive come streghe, non si soffra ancora delle conseguenze di tale eccidio.
Vedo spesso donne riempirsi d’invidia e gelosia nei confronti di donne capci di imporsi ed esigere rispetto; un rispetto tra l’altro, che molte di loro, non hanno mai ricevuto, a partire dai membri della loro famiglia e, mai si sogneranno di avere.
Uscire fuori dal seminato designato da una ideologia patriarcale e misogina, fa scattare meccanismi di negatività e antagonismo, non solo nei maschi ma anche nelle donne.
Competitività e gelosia sono inevitabili quando le donne sono programmate per vivere in una società che le posiziona a livelli di disparità con gli uomini.
A volte la misoginia femminile può essere intesa (ma non scusata), come un atto di benevolenza, dove donne insegnano ad altre donne le regole della sopravvivenza per evitare di fronteggiare le conseguenze di una rottura di schemi.
Le madri insegnano alle loro figlie come sopravvivere; per esempio, una madre può incoraggiare sua figlia a sposare un uomo benestante, anche se emotivamente non disponibile; o ancor peggio, una madre può evitare di sostenere sua figlia nel separarsi da un marito violento, per la sua propria paura di non sopravvivere senza un uomo. Tuttavia prima di condannare queste madri, sarebbe opportuno chiederci dove mai avrebbero potuto imparare a comportarsi differentemente.
Quali opzioni hanno veramente avuto a disposizione? Tutto sommato è proprio in questo modo che la misoginia opera: si limitano le possibilità di scelta delle donne, si tacitano le loro voci e le si estranea da se stesse. La realtà è che la gran parte delle donne non sa proprio come sopravvivere al di fuori di regole patriarcali.
In questo modo la gelosia tra donne non può che crescere, come animali reclusi oltre che esclusi dalla pienezza del loro potere, non potranno vedere in termini positivi, l’affrancamento di una loro sorella o compagna, che rivendica una vita di parità di diritti e di scelte.
La gelosia femminile, è una naturale conseguenza dell’essere invisibili e affamate di attenzioni da generazioni, dell’essere state trascurate da chi avrebbe dovuto avere cura di loro e proteggerle. La negazione di tali bisogni messi costantemente da parte per soddisfare quelli altrui, ha reso le donne giorno dopo giorno emotivamente povere e fameliche.
E’ difficile in tali condizioni tollerare, che altre donne siano ben nutrite o addirittura benestanti. Quando si è alla fame in molti sensi, e quando questa invidia non è riconosciuta, oppure è compensata da superficiali comportamenti collusivi, le conseguenze a scapito del senso del proprio valore sono disastrose tanto per se quanto per le altre.
La paura di non piacere abbastanza, di ritrovarsi sole, sono motivazioni di enorme importanza nel giustificare la ritirata in nidi limitanti, spesso umilianti ma considerati sicuri e famigliari.
Il femminismo può aiutare le donne a investigare queste collusioni, a prendere maggior coscienza della sottostante misoginia, ma lotta politica per la conquista di pari diritti, è solo una parte del problema, e se la politica è parte della persona, il lavoro politico deve avvalersi anche di un lavoro interiore.
E’ solo grazie all’onesta e alla trasparenza nei confronti della propria misoginia, di com’è stata introiettata e diffusa in modo contagioso, alla chiarezza della serie di limitazioni che il modo si aspetta da loro, che potremo creare una società di donne forti per le quali “NO”, non è sempre una risposta.
Quando le donne cominceranno a rendersi conto che sono state educate a vivere nella deprivazione grazie a diete che le rendono immensamente leggere ed invisibili, non saranno più invidiose o gelose, delle loro compagne e sorelle maggiormente consistenti.
Le madri non insegneranno più alle loro figlie come sopravvivere in mancanza di auto-nutrimento, poiché loro stesse non si rassegneranno a vivere senza il rispetto e la soddisfazione dei loro bisogni.
Senza la comprensione profonda di tali problematiche insediate nella carne, grazie regole patriarcali ampiamente collaudate, non sarà possibile rendersi conto di come le donne vivono troppo spesso la condizioni di granchi intrappolati in un secchio: quando una di loro tenterà di venir fuori, l’altra la tirerà giù evitandole ogni possibilità di fuga.
La paura di non piacere, di rimanere sole o delle conseguenza di una rottura di schemi per affermare la propria unicità ed indipendenza, sono motivazioni sufficienti per sopportare la reclusione in ruoli angusti ma tutto sommato sicuri.
Le donne hanno imparato da troppo tempo come sopravvivere accontentandosi del loro piccolo, ma non sono riuscite ancora a riconoscere quanto è grande questa denutrizione collettiva.
Non riescono ancora ad ammettere come ci si sente male ad essere criticate, trascurate, abbandonate dalle altre donne. Si cerca ancora negli uomini il senso del proprio valore, del proprio diritto di esistere, ignorando che un uomo non sarà mai in grado di soddisfare questo bisogno.
Le donne hanno bisogno di donne per formare e preservare il loro senso di identità, alla stessa stregua degli uomini, i quali hanno bisogno del supporto e del riconoscimento di altri uomini per le medesime ragioni.
Non sarà possibile costruire profonde e significative relazioni con il sesso opposto, se il senso di identità sarà precario, se non sarà possibile contare sul rispetto, l’amore e il sostegno di persone del proprio sesso.
Per fiorire e diventare forti, abbiamo bisogno di un senso di sincera e profonda coesione con le altre, come ai vecchi tempi, quando le donne si univano con piacere per aiutarsi e condividere la loro saggezza e la loro ricchezza, poiché erano nutrite e avevano qualcosa di consistente da offrire.
Non c’era il livello di progresso di cui abbiamo beneficiato sempre più spesso nel corso della nostra evoluzione, ma di sicuro era presente un maggior senso di identità e forza in entrambi i sessi.
Il desiderio e l’ambizione più grande era somigliare alla propria madre, alle anziane, e lo stesso era per i fanciulli; nessun fanciullo o fanciulla, si sarebbe sognato di essere più di suo padre o sua madre, somigliare a loro era l’orgoglio e la gioia più grande.
Provate oggi a dire ad una donna che somiglia a sua madre; nella gran parte dei casi si sentirà offesa. Questo è il primo sintomo della sua misoginia e della fragilità della sua identità, anche se in moltissimi casi non ne sarà minimamente consapevole, troppo distratta dal cercare fuori di se le ragioni della propria insicurezza e della propria miseria.



                                 Antonella Iurilli Duhamel


 Nota dell'Autrice
Libero professionista la sua formazione è stata influenzata dalle molteplici esperienze esistenziali, dai lunghi soggiorni in luoghi molto differenziati e dalle stesse radici familiari. Scultrice, pittrice e psicologa, ha messo a frutto la sua formazione universitaria- semiologia, antropologia e psicologia- per approfondire le tematiche che sono sempre state al centro della sua ricerca, come donna e come artista: l’identificazione del ruolo sessuale femminile e maschile, nonchè il rapporto dell’uomo moderno con le emozioni, la vita e la natura . 
E’ membro della Società di belle Arti di Verona, della Societè Quebequoise des Beaux arts e dell’International Institute for Bioenergetic Analysis di New York .