Se è vero che
i poeti accendono luci
negli angoli scuri dell’anima, Wisława Szymborska, la grande poetessa polacca
con la sua dipartita ha oscurato, chiudendo gli occhi, quello sguardo profondo
e indelebile di chi poeta sa dare un nome alle cose.
In qualche posto del mondo i poeti sono considerati
eroi nazionali, ipertrofiche menti che donano un risvolto insolito alla realtà
ed al sogno.
Nel 1996, le fu conferito il premio Nobel per la
letteratura, l’Accademia di Svezia ebbe modo di definirla "Mozart della poesia".
La cui
motivazione al premio è una manifestazione della istrionica complessità di chi la poesia la vive e non la incontra per caso: <<Per l’ironica precisione, che permette al
contesto storico e biologico di manifestarsi in frammenti di verità umana>>; ciò che sapeva ben rappresentare il suo modo estrinseco di essere Poetessa della semplicità dell'essenzialità scevra da inutili fronzoli.
A 63anni, era ancora praticamente sconosciuta in Italia, giunse a conoscere la notorietà una raccolta di poesie, tradotta solo due anni prima
dall’editore Vanni Scheiwiller.
Con le successive pubblicazioni presso Adelphi, la poetessa ha sdoganato
il genere letterario più difficile al mondo, evidentemente con la stessa
appropriata motivazione del Nobel:
l’ironia, la sua cifra narrativa, meglio rappresentata che assieme al paradosso
e alla semplicità dei suoi versi, la immortalano come “poeta non poeta”; amava
ripetere
- Il poeta odierno è
scettico e diffidente anche - e forse soprattutto - nei confronti di se stesso.
Dichiara malvolentieri in pubblico di essere poetessa - quasi se ne vergognasse un poco.
Dichiara malvolentieri in pubblico di essere poetessa - quasi se ne vergognasse un poco.
Ma nella nostra società chiassosa è molto più facile ammettere i propri
difetti le proprie paure, se si presentano bene, e meno le proprie qualità, perché sono
più nascoste, e noi stessi non ne siamo convinti fino in fondo.
In questionari o conversazioni occasionali, quando il
poeta deve necessariamente definire la sua occupazione, egli indica un generico
‘letterato’ o nomina l'altro lavoro da lui svolto.
La notizia di avere a che
fare con un poeta viene accolta dagli impiegati o dai passeggeri sull'autobus
con una leggera incredulità e inquietudine”.
Possiamo solo credere che rileggerla con lieve soavità e leggerezza, renderà la sua assenza una distanza ravvicinabile come l'esistenza di un <<(il)gatto in un appartamento vuoto>> Poesia che lei scrisse in occasione della morte
del suo compagno di vita, il poeta polacco Kornel Filipowicz)
...(...)
<<Non c'è vita che almeno per un attimo non sia immortale>>.
(Wisława Szymborska)
Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto in un appartamento
vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c’era qualcuno, c’era,
e poi d’un tratto è scomparso,
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Cos’altro si può fare.
Aspettare e dormire.
(Wisława Szymborska)
Donna Bruzia