mercoledì 1 febbraio 2012

Il Colore degli occhi di una Poetessa


                                                                   



Se è vero che  i poeti accendono luci negli angoli scuri dell’anima, Wisława Szymborska, la grande poetessa polacca con la sua dipartita ha oscurato, chiudendo gli occhi, quello sguardo profondo e indelebile di chi poeta sa dare un nome alle cose.

In qualche posto del mondo i poeti sono considerati eroi nazionali, ipertrofiche menti che donano un risvolto insolito alla realtà ed al sogno.

 Nel 1996, le fu conferito il premio Nobel per la letteratura, l’Accademia di Svezia ebbe modo di definirla  "Mozart della poesia".

 La cui motivazione al premio è una manifestazione della istrionica complessità di chi la poesia la vive e non la incontra per caso: <<Per l’ironica precisione, che permette al contesto storico e biologico di manifestarsi in frammenti di verità umana>>; ciò che sapeva ben rappresentare il suo modo estrinseco di essere Poetessa della semplicità dell'essenzialità scevra da inutili fronzoli.

 A 63anni, era ancora praticamente sconosciuta in Italia, giunse a conoscere la notorietà una raccolta di poesie, tradotta solo due anni prima dall’editore Vanni Scheiwiller.

Con le successive pubblicazioni  presso Adelphi, la poetessa ha sdoganato il genere letterario più difficile al mondo, evidentemente con la stessa appropriata motivazione  del Nobel: l’ironia, la sua cifra narrativa, meglio rappresentata che assieme al paradosso e alla semplicità dei suoi versi, la immortalano come “poeta non poeta”; amava ripetere 
- Il poeta odierno è scettico e diffidente anche - e forse soprattutto - nei confronti di se stesso. 
Dichiara malvolentieri in pubblico di essere poetessa - quasi se ne vergognasse un poco.
 Ma nella nostra società chiassosa è molto più facile ammettere i propri difetti le proprie paure, se si presentano bene, e  meno le proprie qualità, perché sono più nascoste, e noi stessi non ne siamo convinti fino in fondo.

In questionari o conversazioni occasionali, quando il poeta deve necessariamente definire la sua occupazione, egli indica un generico ‘letterato’ o nomina l'altro lavoro da lui svolto.

 La notizia di avere a che fare con un poeta viene accolta dagli impiegati o dai passeggeri sull'autobus con una leggera incredulità e inquietudine”.

Possiamo solo credere che rileggerla con lieve soavità e leggerezza, renderà la sua assenza una distanza ravvicinabile come l'esistenza di un <<(il)gatto in un appartamento vuoto>> Poesia che lei scrisse in occasione della morte del suo compagno di vita, il poeta polacco Kornel Filipowicz)





Morire – questo a un gatto non si fa.


Perché cosa può fare il gatto in un appartamento vuoto?

Arrampicarsi sulle pareti.

Strofinarsi tra i mobili.

Qui niente sembra cambiato,
 eppure tutto è mutato.

Niente sembra spostato,
 eppure tutto è fuori posto.

E la sera la lampada non brilla più.

Si sentono passi sulle scale,
 ma non sono quelli.

Anche la mano che mette il pesce nel piattino

non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
 alla sua solita ora.

Qualcosa qui non accade
 come dovrebbe.

Qui c’era qualcuno, c’era,
e poi d’un tratto è scomparso,

e si ostina a non esserci.

In ogni armadio si è guardato.

Sui ripiani è corso.

Sotto il tappeto si è controllato.

Si è perfino infranto il divieto

di sparpagliare le carte.

Cos’altro si può fare.

Aspettare e dormire.

 ...(...)
<<Non c'è vita che almeno per un attimo non sia immortale>>.
                                  (Wisława Szymborska)


                                         Donna Bruzia