mercoledì 15 febbraio 2012

Gli Obiettivi delle Donne: Giustizia e Dignità.



                                                                     



Accade nella storia e nel tempo delle Donne che sovente Esse diventano bersaglio di mortificazioni o di forme e rituali che suonano ancestrali, che hanno l’aria di rappresentare in modo distorto  modelli e linguaggi collettivi, trasformandoli in qualcosa di estremamente pericoloso: forme identitarie, nelle quali finiscono tutti per credere almeno un poco.

 Questo avviene anche in società considerate “evolute” come quella nella quale viviamo, in cui  comprendere e  interpretare fenomeni legati alla sfera del femminile, talvolta senza alcuna apparente ragione, porta a deviare dagli  autentici orizzonti di senso.

Recentemente alcuni fatti giudiziari, hanno consolidato questa Convinzione, che è stata confermata anche dall’escalation di violenza, femminicidi, o episodi di riduzione delle garanzie di giustizia per le donne. E' in corso per così dire un inspessimento della Giustizia nei confronti delle donne, vittime a qualsiasi età, che si contendono più gli onori della cronaca, che non quelli del successo.

Se si tratti di misoginia o di forme di<<Punizione>> del femminile, non è dato sapere, ma il modello della lotta alle donne, appare forte e ben radicato; in pieno corso in una “Democrazia senza Rappresentanze,”che tenta ostinatamente di non occultare le “armi” del belligerare, pur di apparire appropriata a sé.

L’emarginazione dal lavoro delle donne (pubblico o privato); la marginalizzazione dalle risorse per le lavoratrici; la cura l’assistenza e il sacrificio; territori di quel femminile che palesa la strozzatura - percentualmente esplorata dalle donne - all’occorrenza trasformata in <<campo minato>> proscenio di una battaglia impari nella quale a pagare sono per lo più donne; ma che ormai da tempo scontano in termini sociali, anche gli uomini.


                                           


In tempi di crisi, molte troppe donne, nel baratro della povertà economica, sono un dato inequivocabile del "gap" che mina la soddisfazione dei bisogni umani primari ; poi crea un vuoto civile;costringe  alla dipendenza delle donne sempre per lo più da altri uomini; provvede a dissodare quel terreno che fertilizza  violenza e bisogno,  applicandoli in tutte le molteplici forme, al vivere quotidiano cioè alla vita di ciascuno di noi.

 Non basta perciò semplicemente dichiararsi contro qualunque intollerabile forma di violenza sulle donne, ma sarebbe opportuno declinare tutte quelle forme di sistematica Violenza, di emarginazione, bisogno, alle reali necessità delle donne, così come alle loro aspettative ed aspirazioni. provvedendo a rappresentarle talvolta surrettiziamente in forme sempre “diverse” con sempre nuove rappresentazioni di un femminile, troppo poco o banalmente interpretato.

Mi riferisco in particolar modo ai linguaggi espressivi, quei linguaggi della pubblicità, dei mass media, che rendono un’immagine  spesso degradata o del tutto falsata ovvero non rispondente né alla realtà né alle donne; assunti come elementi di riflessioni ed analisi troppo poco praticate 






Così come avviene per certe sentenze giudiziarie. Ad esempio quella relativa quella della terza sezione penale della Corte di Cassazione (n. 4377/12) che ha stabilito che i principi interpretativi per i reati di violenza sessuale e atti sessuali sul singolo, sono “in toto” applicabili anche alla “violenza sessuale di gruppo. Equiparando sostanzialmente la gravità dei due reati.

E’ questa una sentenza che nel valore della propria rappresentazione intende essere con ogni evidenza, più garantista dell’applicazione delle misure cautelari, che  manifestamente  comprensibile dal punto di vista della giustizia sostanziale e della civiltà. 
Per questa stessa ragione giudico dannosa questa sentenza che francamente la reputo vergognosa.




                                            


L’Anatomia del crimine Stupro - Singolo o del Gruppo- rimane un delitto potente contro la Persona, la Vita e l’Integrità di una donna.


Questa sentenza ha determinato uno sbilanciamento tra parti, i violentatori dall’una  e la vittima dall’altra.

Ciascuno dei ragazzi violentatori -  tra i 15 e 17 anni -  due dei quali imputabili già all'epoca della violenza, oggi maggiorenni; che hanno stuprato una vittima dodicenne e lo hanno fatto: ai danni di una bambina, quando il complice terminava il proprio turno.

 Non appare sconsiderata perciò l’esemplificazione che a “beneficiare” di questa sentenza, siano più i carnefici cioè i violentatori, sciagurati attori di un delitto ancor più grave proprio perchè di gruppo; che non la vittima.

 I fatti risalgono al 2006: stupro di gruppo. Delitto più infamante, proprio perchè consumato dal branco, uno stupro di strada pianificato da un imprecisato gruppo e magari perpetrato per riproporre la fisionomia della  celebrazione di un rito, una “iniziazione barbara”, che ammette alla comunità malata coloro che vogliono  e devono far capire alla giovanissima donna, chi comanda e chi decide.

 Violenza dura e nuda, che è viva brutalità di  un gruppo che proprio perchè branco diventa forte e irretisce.

La Disamina di fatti che per il giudice titolato applica alla norma più valore della sentenza in sé, non rimette insieme i pezzi secondo cui un’aggravante può essere trasformata in un’attenuante.

La sentenza ha stabilito perciò, la possibilità dell'applicazione di una pena alternativa per quei giovani maschi, che hanno magari anche goduto all'epoca dei fatti, dell'ampia solidarietà cittadina o di quella delle loro famiglie, inclini più a proteggere che non a educare.

Sollevare perciò più del personale risentimento alla condanna, qualche riflessione approfondita, palesa i segni di una maturità civile, che stenta a radicarsi nel nostro paese, rallentando solo il riscatto ma non arrestando il processo lento e tortuoso dell'affermazione della dignità collettiva dall’ignavia e dell’insegna per la viltade intrapreso per metabolizzare, comprendere e forse capire.

Appronterei la questione nei termini dell’ allarme sociale – se rispondesse al vero – perché risponderebbe a non spegnere in nessun momento i riflettori dell’attenzione su temi del genere; né sull’approvazione di leggi per lo specifico contrasto della violenza sessuale; nè  sulle norme giudiziarie - altrettanto specifiche -  che se equivoche o tendenziose potrebbero ad esempio essere migliorate – ma non brandite banalmente, e tramutate come in questo caso in mera  celebrazione del disagio.

Obiettare sulle norme “spicciole” di certe forme di “ordinaria ingiustizia” non è sconsiderato per i non addetti ai lavori,  siamo tutti parte di questa società cosiddetta civile, abbiamo sotto i nostri occhi: Sentenze emesse da tribunali in ogni grado di giudizio;andamento di udienze (quelle che riguardano donne in modo particolare), lunghezza di rinvii dei procedimenti e quant’altro; territori "impraticabili" quando si devono affrontare i temi dei diritti e delle garanzie. 

Aspetti perniciosi, che non rendono distante la giurisprudenza dalla vita delle persone, ma accostano agli individui, solo la più nobile giurisprudenza, per smascherare debolezze e nervi scoperti.

Arrecano perciò qualcosa in più del semplice fastidio, sentenze come quella a cui si è fatto riferimento, ritenuta dalla vulgata comune  “iniqua;” che Equivale alla rappresentazione dell’indignazione e del turbamento civili, che - in alcuni casi - impedisce e ostacola la <<polverizzazione>> di percorsi di genere della storia delle donne; considerandone proprio nell'importanza di tali percorsi  - siano essi individuali o collettivi - la legittima aspirazione di Nuove tendenze culturali complessive.


                                     

 L’invito pertanto è quello di non Commettere l’errore di derubricazione  a leggenda dell’imparzialità, un Giudizio che  si comprende sin troppo bene come considerare .

Sovente abbiamo assistito a tentativi, anche maldestri, nei quali si riduceva alla sfera del privato, un reato in cui le responsabilità erano invece pubbliche, talvolta neanche provando a comprovarne  incontrovertibilmente validità e sostanza.

In poco più di Trent’anni di storia recente delle donne, quella di una moltitudine di donne mobilitate con coraggio e intelligenza, per ottenere leggi efficaci di contrasto alle violenze maschili; ha tracciato e continua a lavorare per scavarlo, un solco profondo tra la giustizia e l'ingiustizia consumata ai danni delle donne.


Questo lento estenuante lavoro d'ingegno, svolto con profondo senso etico e civile, a tutti i livelli da una moltitudine di donne,  non tiene sotto traccia dati importanti come questi:


La capacità di certi giudici di fronte ai reati commessi contro le donne di “lavarsene spesso le mani,” anzicché  considerare perseguibili  reati del genere; anche con gesti semplici forse banali come il Non allontanamento dei movimenti delle donne dalle aule; non ostacolando in certi casi la costituzione di parte civile delle  associazioni femminili, in processi dalla indubitabile importanza; ed attraverso sentenze di questo tipo. Soppesando perciò i fatti più col buon senso, che con l’artefizio della norma; ma soprattutto non sostituendo ai tribunali titolati l'autorità del giudizio, con la registrazione di dati  in animo sia alle donne  violate, che ad una intera società; eccoci allora a eseguire l'equazione. 


Lo Stupro, sofferenza atavica, imposta a metà della popolazione mondiale femminile, resta pervicacemente radicato e come in questo caso, fissa la vanificazione della propria pericolosità sociale, proprio perchè non ne decodifica il paradigma interpretativo attraverso una chiara identificazone e visibilità, passata per atrocità del reato.


                                       

Da questa sentenza si ricava perciò il tentativo di nascondere alla vista il “branco” con morale perbenista, preoccupati più di strumentalizzare all’occorrenza quel "gruppo" per proprio vantaggio, che non per devitalizzare violenza: non destituendo dell'aggravante ciascuno dei violentatori.

 Attraverso una pedissequa applicazione della legge, non è certo che si favorisca Giustizia né un'adeguata elaborazione di quella sensibilità civile che in certi contesti sarebbe opportuna;  ma neanche la piena e giustificata attuazione della Norma, in grado cioè di "applicare giustizia" a ciò che considerevolmente si può considerare ingiusto, senza per questo  favorire accrescimento  e sviluppo della coscienza etica e civile di un' intera società su temi tanto forti quanto difficili come la violenza sessuale. Ma  che in altre parole  si trasformano - fuor di metafora- in termometro della comune  civiltà  che ricorre il progresso.

 Ci riferiamo alla mancata identificazione ed elaborazione di Obiettivi, o traguardi di percorsi di genere  che è facile riconoscere come manchevoli di una caratterizzazione culturale,  troppi casi sono aggravati solo da lentezza e ostilità.

Evidenziarne perciò  certa portata destabilizzante, può costituire   un monito al pericolo di regressione della civiltà, palesando giustificatamente timori per il reale.

C’è un enorme bisogno di trasformazione e cambiamento che non deve intendersi come un invito a passare sotto traccia gli effetti di certi giudizi.
 Che suggerisce a tutti specie alle donne, di guardare a precisi orizzonti di senso: Giustizia e Dignità, che si guadagnano attraverso denunce auspicabilmente destinate ad aumentare in numeri prossimi alla totalità; fiducia nella legalità e nonostante tutto nella giustizia; creazione e sostegno alla rete di organizzazioni sociali sui territori, creazione di presidi di legalità e destinazioni educative di esperti, dal cui lavoro si guadagna miglioramento generale della convivenza e accrescimento della civiltà tra uomini e donne. 
Sostegno alle donne attraverso la promozione del sentire  femminile diffuso e sincero; protagonismo femminile che nella vita quotidiana dovrebbe essere vissuto come una forma di  <<contropotere>> non solo delle donne ma finalmente anche degli uomini; e per finire sollecitazioni delle  istituzioni che spesso sanno essere immobili o disattenti.

 Questo perchè la violenza rivolta alle donne da sempre, nel nostro paese coincide con una cultura che rappresenta un  interesse miope,  teso a confermare il diritto degli uomini (certi uomini) a disporre del loro potere fin nelle pieghe più nascoste della convivenza familiare per esplodere nelle più articolate forme di violenza sociale che tutti conoscono.

Tutte le vittime della violenza sessuata, hanno bisogno di giustizia; le sentenze sono importanti per le vittime.
Servono anche per sopravvivere a culture ostili.
Le vittime attendono sentenze. 
Prove, per poter aspirare ad essere nonostante tutto, cittadine libere di poter finalmente girare pagine di dolore. Riscrittura di nuovi capitoli di vita con Punti Fermi, che come in questo caso la giustizia non è stata in grado di fissare.

Certe regole spesso sono irrise proprio da parte di chi deve tutelarle, sostituendo nello stile di questo strano paese, le invenzioni propagandistiche col senso del diritto.

 Per i giudici della Cassazione tutto è accaduto come una concomitanza di eventi singoli. E la complicità evidente di clan familiari e di intere comunità strette intorno agli stupratori, non costituisce contesto per la reiterazione del reato; Non rappresenta in alcun modo pericolo o rischio sociale.  
Per questa ragione, da questo sentire è bene dissentire poiché - quei giudici - hanno umiliato non la vittima in sè e per sé, ma la dignità di ciascuna donna, sorella, compagna o moglie.

Non è una questione di vendetta, è il bisogno di sentire parlare le Istituzioni con parole dal significato inequivocabile.
 E’ il bisogno di sapere che Non si debba diventare complici di stupratori attraverso la giustificazione: "i bravi ragazzi che hanno sbagliato sarebbero stati magari  provocati”

Giustizia non significa che i minorenni colpevoli siano aspramente puniti per il fine in sé. 
Non intendiamo ricevere dal sistema giudiziario vendetta in nome e per conto del “fanatismo”, ma sollecitiamo come cittadini di poter disporre di strumenti Rieducativi e socialmente sanzionatori di certi crimini, quanto e più del carcere, per controllare i delinquenti fino e non prima della ragionevole e fondata prova del loro recupero alla convivenza pacifica con l'altro genere.

Per qualcuno invece far tornare i colpevoli a scontare la pena, in quelle stesse famiglie ed in quei contesti che magari li hanno giustificati o coperti, è ritenuta cosa buona e forse incomprensibilmente giusta; la stessa che equivale a far tornare un giovane manovale della n’drangheta, nello stesso ambiente che ha lo ha coltivato nel proprio delinquere.

 La terza sezione penale della Corte di Cassazione, stabilendo che i principi interpretativi  per i reati di violenza sessuale e gli atti sessuali sul singolo, sono “in toto” applicabili anche alla “violenza sessuale di gruppo”, ha equiparato la gravità dei due reati. Trasformando una sentenza che vuole essere più garantista per l’applicazione delle misure cautelari  e molto meno incisiva dal punto di vista della giustizia sostanziale e della civiltà.

E se l’articolo 3 della nostra costituzione recita che <<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>, bisognerebbe finalmente Intendersi perciò - in modo definitivo- sul significato delle  parole “Persona" - "Umana” per porre l'interrogativo sul cosa è da intendersi per persone umane ed in quali forme intervenire, attraverso quali mezzi?


 Per esempio cominciando ad Eliminare gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo delle vittime e dei carnefici? Oppure Non rimuovendo la libertà e la dignità di quegli stessi individui, attraverso norme inique della Repubblica (e ne  restano molte), contro essi stessi Sub iugum miserunt. 


Questa sentenza certo non sarà dimenticata se, il tempo che non trascorre complice, e soprattutto il silenzio non ostacola  speranze con legittime aspirazioni di giustizia nella pari e uguale dignità umana e la destinazione orienterà non distorcendoli i nuovi Obiettivi specifici delle donne: Giustizia e Dignità.


                                        Angela Maria Spina