mercoledì 1 giugno 2011

Elucubrazioni del Mittente al Destinatario

La mia convinzione è che viviamo in un mondo in cui forse occorre una visione collettiva da proporre e nominare, adatta sia alla politica, che agli ambiti specifici della cultura della nostra società, quella cioè di un tempo greve che non risparmia nessuna cupezza, e che bene riesce a mistificarne i suoi contenuti. 

Credo che se mai occorresse una ricetta e ve ne fosse alcuna, potrei forse proporne una.

 Vi è necessità di Uomini e Donne Liberi Generosi e Intelligenti, che sappiano  scrivere una nuova storia dell’oggi, la nostra storia, e quella del domani quella delle nostre figlie e dei nostri nipoti. 

Infatti per le donne c’è da sentirsi  sempre in bilico fra spazio privato e spazio pubblico e Rispetto al ‘futuro possibile’, al ruolo al centro oppure, al margine della società, so per certo che io e come me  tutte noi donne, rivestiamo una posizione “Scomoda” magari semplicemente perché, libera da particolari ambizioni, che invece sobillano tanti altri magari uomini, quelli che non senza alcun sospetto leggono i miei interventi. 

Come donna so bene che l’Audacia femminile e magari anche  tutta l’Autonomia che le donne riescono ad esprimere, è troppo spesso equivocata e nella migliore delle ipotesi semplicemente guardata con derisione.

 La paura che le donne dallo ‘spazio privato’ fanno sentire, attraverso le loro voci in spazi pubblici, magari attraverso idee, proposte o semplicemente contributi e collaborazioni intellettualmente aperti e liberi è cosa quanto meno allarmante.

 Ecco allora che il sospetto lievita perché a guardare con occhio sottile si ritrova, in questa intraprendenza la protervia arrogante neanche poco incline all’ipocrisia, che forse qualcosa di onesto possa essere almeno apprezzato se non esattamente compreso. 

Ecco che allora rispondere col silenzio del vuoto, rappresenta la miglior medicina possibile sulla piazza. E i sordi  gongolano.

 Tutti: taluni e tal’altri piuttosto che Attivarsi per resuscitare e produrre creatività e idee, promuovere iniziative popolari e attività di partecipazione, tutti continuano a Dormire.

Sornioni Ri-fuggono da proposte creative; in fin dei conti, farlo anche senza apparente giustificato motivo è certamente cosa ben più buona che giusta. 
Il correre via dei codardi che fuggono dal nemico brutto e cattivo, ci appare poi uno sport non da da primato olimpico.
Si tratta del cambiar strada, o del far altro che fuggire via per nascondersi.
Perché si scappa sempre per qualche indefinito motivo, si scappa dalle donne, dalle madri, forse anche da certe mogli, da certi insegnanti, da certe sorelle e da tutti coloro cioè che si considerano implicati a vario titolo nell’ideazione e programmazione del futuro, cioè da tutti coloro che una qualche implicazione con il futuro l’avrebbero anche, magari solo per età, oltre che per le loro idee ed elucubrazioni. 
Si fugge quasi sempre con regolarità sistemica. A guardar bene si fugge essenzialmente dal diverso da noi, dal potenziale “competitor” considerato migliore artefice di noi stessi.

 Poiché il diverso potrebbe rappresentare l’icona del male che favorisce e talvolta assicura prospettive diverse, specie quando rende la complessità culturale con umanità e concetti che parlano anche la lingua degli altri, attraverso gesti multiculturali, che servono principalmente per  costruire un futuro migliore possibile magari insieme.  
Perché credo che non si tratti di costruire una cultura maschile o femminile, nordista o sudista . Ma piuttosto si ha da costruire e sviluppare culture capaci di sviluppare modelli culturali plurali, che urgono al nostro paese.
 Dando valore e dignità al diverso rendendolo positivo e paritario all’altro, esaltando la differenza, magari forzando la mano  e intrecciando diversità. 
Perché non si scappa a gambe ben elevate da un migliore futuro possibile, anche da quello che ci sarà dopo di noi, da quello che in uno sforzo non tanto grave si potrebbe idealmente immaginare come meno peggio, dell’attuale, o di quello che talvolta si vorrebbe garantito solo per la progenie di sangue. 
Barbara Spinelli in “Gioventù bruciata” un articolo comparso su La Repubblica l’8 dicembre 2010  scriveva “qualcos’altro è in gioco: il disagio, più radicale, riguarda l’esistere stesso; il perché e il come si vive l’oggi e si pensa, tremando e temendo, il futuro”.

 Dunque ciò che riguarda il futuro rappresenta non solo una parte della questione, ma forse l’essenza stessa di certi affari, si perché di questo potrebbe trattarsi.
Gli altri sono in parte anche prodotti creati da noi, gli altri sono talvolta il frutto di una dualità della differenza che non si capisce perché si tende a voler annientare, o semplicemente ignorare.

 Il primo, ignoto è visto sempre come l’altro (genere) quello che attraversa tutte le culture, ma che ci offre un filo per analizzare le diversità in modo da poter sistemare – nella migliore delle ipotesi - la dualità delle genealogie delle differenze, magari anche quelle di genere tra io - tu e gli altri.

  Allora, se riusciamo a cogliere questo, possiamo anche cogliere le differenze di genere radicate nel rapporto con un Tu  che spesso trattiamo con aggressività conflittuale o odio verso gli altri solo per assicurare coesione dei gruppi o dei sodali.

 La mia, lungi dal porsi come una Visione totalizzante, che si  gioca l’argomento caro della costruzione identitaria,  crea piuttosto un paradosso più banalmente esistenziale che  proiettata in forme negative  tutti i modelli escludenti, ovvero quei Processi di costruzione di identità come concetti da pensare, ideare e promuovere, che forse rappresentano il limite di appartenenza  del concetto di razze che il  900 ci ha insegnato, come Accezione dura, impugnata per finalità politiche  e strumentalizzazione in cui l’altro diventa la fonte di tutte le nostre paure.

In fondo trovo che abbia ragione Mario Adinolfi quando ha ricordato che è cosa insultante oltre che menzognera, parlare di giovani senza futuro o d’una sola generazione depredata.
 Infatti: un trentasettenne  o quarantenne precario non è più un giovane, e il fatto che gli debba toccare di pregare per essere riconosciuto, (da cui la stessa etimologia di precario), è in fondo il vero scandalo  di questo nostro tempo, perché la contraffazione è nel termine di  <<Giovane>>, che trascende la realtà della storia di vite e percorsi professionali, per procacciare delle Maschere nell’intenzione di perpetrare l’ eterna conservazione della mistificazione che è garante dell’invisibilità.

 Infatti c’è Una lunga catena di generazioni, sempre secondo la Spinelli, che fatica a preparare prima l´età matura, poi quella anziana. 
Non sarà un caso che forse per questa stessa ragione, taluni tendono all’autoconservazione di sé stessi, non facendo sconti di nulla alle generazioni che hanno accanto. 

Questa regressione degli stessi rapporti sociali, in cui i padri diventano i nemici dei loro stessi figli perché a riposo non sono collocati e ne rosicchiano gli spazi; passa anche attraverso il mancato riconoscimento reciproco fra pari, di cui purtroppo è data menzione troppo di rado.
 Allora solo quando non sussistono Necessità Prepotenti o bisogni impellenti tali da imporre il riconoscimento e rendere reale, concreta e temibile la visibilità, magari quella femminile, probabilmente si «accumulano crediti», o semplicemente alla fine del percorso si ritireranno bilanci contriti, i cui demeriti avranno tradito il patto tra generazioni.

 Ma non disperiamo che la morale del tempo presente, saprà produrre risentimenti non violenti, che innescheranno cambiamenti riformisti coraggiosi e visionari, perché come per Heidegger l'essenza della tecnica non è la tecnica ma quel che essa disvela o provoca

L’Esibizione dunque di certa bile nera, come negli eroi Moby Dick o come in Gioventù Bruciata di Nicholas Ray, è quella cioè del “chicken run”: la gara mortale che James Dean ingaggia coi compagni, in cui vince chi guida l´auto sino all´orlo del burrone che potrebbe saltar fuori in extremis.

 Forse è proprio questa la storia: chi fugge la prova, è solo un pollo ma un poco forse anche un vile.  E cancello il tabù, ne ragiono con cura, perché non si dica che chi tace acconsente con complicità, non impedendo alla verità d´esser disvelata.

                                               Donna Bruzia