martedì 28 giugno 2011

Sull'Identità della Filosofia e Altre Forme del Sapere

Due i paesi nei quali l'insegnamento della Filosofia nelle scuole è tradizione culturale consolidata: la Francia e l' Italia; sebbene in quest'ultimo paese la disciplina insegnata è la Storia della Filosofia, che identifica la Filosofia con la sua Storia ovvero con lo straordinario patrimonio accumulato nella vasta tradizione culturale.


In Italia per impostazione siamo soliti far risalire a Giovanni Gentile filosofo neoidealista italiano questa metodologia didattica che in realtà è diventata una consolidata impostazione nello studio di questa disciplina, largamente applicata.


In Francia paese culturalmente tra i più avanzati o per lo meno con una proiezione storicamente progressista invece, si insegna quella che in altri paesi è chiamata filosofia teoretica o morale, che pratica cioè un diverso approccio conoscitivo che sviluppa discussioni su vasti problemi filosofici, anche attraverso le forme della "dissertazione" elaborate sotto forma di scritti  ed elaborazioni indispensabili per esporre punti di vista, convinzioni e teorie.


Il rigore nel voler garantire i Contenuti della disciplina Filosofica impongono però in entrambi i paesi un'organizzazione di testi e fonti filosofiche accreditate nelle rispettive comunità scientifiche così come si conviene alla trattazione dei problemi filosofici attraverso l'asse meramente filosofico.


 Consideriamo comunque la Storia della filosofia ciò che in molti riconoscono come "filastrocca delle opinioni" dei filosofi e che talvolta non risulta coincidente con la mera essenza dei concetti filosofici espressi, un territorio di intriganti suggestioni che  inducono molti a scegliere l'idea che l' <<enciclopedia>> del sapere filosofico sia più praticabile e fruibile ma che unitamente all'idea del mero filosofare  e dello sviluppo cronologico  favoriscano entrambe la messa a fuoco di rilevanze teoretiche e nodi concettuali filosofici che intrecciano sempre o nella maggior parte dei casi autori a dottrine e problemi. 


 Anche in Italia hanno suscitato interesse modi diversi talvolta innovativi di fare filosofia, provenienti anche da paesi in cui le tradizioni culturali affrontano complessità e ricchezza in modo pressoché diverso rispetto a quello del nostro retroterra culturale, tutte concorrono all'arricchimento della discussione come la mia personale idea in merito alla questione aperta 


 Resta un elemento da proporre come provocazione al tema: ovvero il diverso atteggiamento attivo di fronte alla filosofia, che in ogni caso induce a  percepire la sensazione che proporre lo studio della filosofia sia un'esperienza utile e importante, che promuove in chi la pratica, per gli stessi contenuti che sviluppa, un'attitudine alla critica fondata e al dialogo consapevole e in entrambi i casi Attività costruttiva perché attraverso lo slancio prodotto riesce a promuovere dinamismo e creare vitalità .


L'influenza della filosofia kantiana secondo cui insegnare filosofia significa insegnare a "pensare con la propria testa" è profonda e evidente.
Probabilmente questa stessa influenza ha segnato la storia di molti laureati in discipline filosofiche perché fedele al principio illuministico della Ragione che illumina e guida.


Di recente lo storico della filosofia Enrico Berti nell' <<Invito alla filosofia>> La Scuola Editrice  -  ha sostenuto che vi sono due condizioni fondamentali per aprirsi alla filosofia:


 1° che si insegna filosofia a chi ha una testa. 
Condizione apparentemente facile da accettare che risulta però ben difficile da realizzare poiché dopo tutto elaborare qualcosa di nuovo o originale successivamente al consolidato e straordinario patrimonio  della tradizione filosofica risulta indubbiamente difficile se non al quanto difficoltoso. 
 2° che quella testa  a cui la filosofia si propone sia davvero la propria testa e non quella di qualcun altro, considerando che la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa specie televisione pubblicità e programmi demenziali, con mezzi per altro senza precedenti nella storia, condizionano quelle teste in modo subdolo e latente cioè senza che ci si renda conto, con effetti talvolta devastanti per la sua stessa integrità di "certe" teste.


Peraltro già Hegel criticava i pedagogisti suoi contemporanei che manifestavano l'ardire di insegnare a <<pensare con la propria testa>> quasi a volersi inventare ciascuno una propria filosofia, come se la filosofia quindi non esistesse già, o non  fosse mai esistita prima.


Non si deve trascurare che Hegel intendeva per filosofia  la verità scritta nella mente di Dio (Idea) e realizzata nel processo della Natura e nello Spirito.


Per filosofia può inoltre anche intendersi il pensiero dei grandi filosofi che bisognerebbe conoscere e con i quali sarebbe bene potersi confrontare e dialogare.


L'insegnamento della Storia della filosofia in Italia dunque ci parrebbe pur sempre valido se non utilissimo, come  indispensabile strumento di emancipazione e progresso;  sebbene attualmente sia riservato - ingiustificatamente -  a soli due "elitari" ordini di scuola quella secondaria superiore dei licei classici e scientifici.

In ogni caso è indubbio lo straordinario valore e potere che riconosciamo alla filosofia pura, quella cioè che non è fine a sé stessa ma che insegna a conoscere i classici a <<co- filosofare>> con essi su problemi e temi, e che come tali dovrebbero perciò dismettere l'esclusività caratteriale dei licei per al contrario essere ampliata e dilatata  a ogni ordine e grado di istruzione.


Qualunque persona invitato in prima persona a partecipare alla costruzione teorica di un problema - cioè a filosofare - risulta pronto a seguirne lo sviluppo e le articolazioni, ponendo in relazione ove possibile e opportuno con la propria esperienza, sino a formulare opinioni e valutazioni corroborate dalla riflessione filosofica. 


Crediamo non troppo banale ribadire - più di quanto non abbiamo già fatto intendere - quanto utile sia sviluppare le potenzialità formative della filosofia anche in ambiti diversi da quelli meramente formative. 


Stride infatti l'apparente contraddizione in un'epoca in cui si invitano tutti a diventare filosofi o per lo meno a riconoscersi come tali quelli che in realtà filosofi non sono. 


Nell'attuale società  - di filosofi -  se ne ravvede anche qualcuno di troppo e dell'abbondanza si mutuano eccessi dai toni "modaioli"che francamente oltre all'eclettismo nulla altrimenti sono in grado di esprimere.
 Ribadiamo che ad averne di filosofi autentici potremmo aspirare in quel caso a stare forse tutti meglio o certo non peggio di come in realtà siamo condannati a stare.  


Ma dall'apparente contraddizione si coglie anche la ben più drammatica e temibile difficoltà di questi tempi che invece dei laureati in discipline filosofiche sembra non sapere cosa farne.
Sbocchi professionali ancora troppo angusti che non quelli del travagliato insegnamento nella scuola secondaria e dell'università. 


Pur tuttavia nonostante ciò che si considera come  la considerevole apertura mentale affinata da questi laureati ci risulta che per essi sarebbe possibile infatti  creare sbocchi diversi: dalle consulenze editoriali alla gestione del personale nelle aziende alle progettazioni culturali di enti pubblici o privati. 


Attività queste che confermano la nascita di una più nuova  e recente professione più propriamente detta del consulente filosofico magari destinata solo in parte a risolvere il problema degli sbocchi professionali della categoria  che al contrario non spinge né invoglia a far diventare tutti filosofi - cosa che per altro ci appare  del tutto cariaturale.


Si tratta invece di promuovere l'idea che ciascun individuo almeno una volta nella vita dovrebbe aver avuto la possibilità di esperire un'esperienza filosofica nella quale cioè possa misurarsi e affrontare un problema di verità o di senso svolto in modo filosofico.
Per inciso questo non significa approcciarsi a una fede ideologica né religiosa e neanche ispirarsi a un'autorità riconosciuta come tale, ma al contrario significa avvalersi attraverso la filosofia delle risorse umane della Ragione e dell'Esperienza in maniera oserei dire esclusiva; cosa per altro ampiamente applicata durante le lezioni di discipline filosofiche umanistiche o scientifiche svolte nelle lezioni di filosofia.


 Qualche decennio fa un ministro dell'istruzione del nostro paese ebbe modo di prendere in considerazione l'idea di promuovere l'introduzione di elementi di filosofia anche nel primo biennio della scuola secondaria con piena acclamazione della Società Filosofica Italiana che votando una mozione di approvazione sanciva per altro il diritto inviolabile di ciascun giovane italiano di fare esperienza almeno una volta  nella propria esistenza accostandosi alla <<filosofia>> magari semplicemente ai classici esattamente come facciamo con la letteratura la poesia la musica e l'arte.


Non crediamo infatti che praticare e conoscere poesia letteratura musica e quant'altro possa voler dire essere o aspirare a diventare romanzieri poeti artisti o musicisti... 
Non si capisce perché invece per i filosofi e la filosofia, la questione sia insormontabile.    


                                                   Donna Bruzia