sabato 28 maggio 2011

1911- 2011: L’Utopia Centenaria e Sovversiva della Storia delle donne.

Ho sempre pensato che ogni festa è tale solo se il suo valore simbolico è in grado di suggestionare autenticamente qualche sentimento e la ragione. La festa della mamma, quella del papà, San Valentino per gli innamorati e via festeggiando, appartengono tutte all’universo dei consumi nel quale oggi siamo trascinati, direi di più: Condannati. 

Ma se queste assumono valenze prevalentemente emotive e personali; l’8 marzo festa della donna No.

Questa data è bene che abbia una valenza specifica oltre la retorica pleonastica, soprattutto in tempi di bunga bunga e dei quarti di carne femminile.  
Se in altri tempi rivendicavo il valore di un festeggiamento per così dire “spalmato” lungo i restanti altri giorni dell’anno; quest’anno invece vorrei Ribattere l’idea del Dovere Morale delle donne al festeggiamento della data storica, sebbene il restringimento sempre più multiforme delle Ragioni femminili per gioire della festa ci interrogano sul:<< cosa dovremmo festeggiare>>?
 In questi tempi, ci sono ben poche cose per cui valga la pena come donne, festeggiare; ancora di meno quelle di cui come donne andar fiere e orgogliose.
 Lo stesso patrimonio culturale e ideologico di cui le donne dispongono relativo agli ultimi sessant’anni, è fortemente minacciato, e se non interverremo  per le ultime generazioni, grande sarà il rischio della cancellazione della memoria; ancor di più in ragione dello stallo delle magre conquiste recenti, poco originali o di dubbia consistenza. 
In fondo il bel patrimonio femminile delle generazioni passate, “Quelle” lo hanno messo in piedi più che per loro stesse anche per noi altre; e noi invece? 
In non poche circostanze le donne di questi recenti tempi si dimostrano incapaci persino di preservare la memoria e la cura di quelle conquiste.


Amo un aforisma è del XII secolo e risale a Bernardo di Chartres che recita "siamo nani sulle spalle di giganti"; ebbe un successo straordinario, perché custodisce una verità che recita pressapoco così: Noi siamo come nani che stanno sulle spalle dei giganti, così che possiamo vedere più lontano di loro non grazie alla nostra statura o all'acutezza della nostra vista, ma perché - stando appunto sulle loro spalle - stiamo più in alto di loro....
Ecco perché le mie domande nascono spontanee: 
Su quali spalle siamo dunque appollaiate noi donne? 
Cosa intravvediamo?


Se si prendono a misura le pareti della nostra recente storia, quella che ciascuna di noi scrive adesso; è una storia stridente per minimalità dell’Ininfluente Presenza Femminile.


 In quasi tutti gli ambiti specie in quelle del potere è diffusa talvolta senza vergogna, la prova provata di un uso offensivo, strumentale e ingiusto delle donne.  Tutto ciò nonostante il notevole patrimonio culturale della storia femminile che ciascuna di noi personalmente prova a difendere.
E' preoccupante il desolante vuoto che a ben guardare ci tracciamo intorno: un magma evanescente fatto d’inconsistenza retorica che tenta di ingurgitarci tutte,  mettendo in discussione anche i traguardi della nostra stessa storia
 Che si tratti di miopismo storico o culturale, il deficit è stridente. Ancor più lo sono le ricadute – pericolosissime -  che presagiscono derive qualunquiste su coloro che non riuscendo a guardare né lontanissimo né poco al di là del loro stesso naso, si sentono paralizzati nell’ideazione e elaborazione di  nuovi percorsi femminili.
Personalmente mi sforzo di guardare sempre lontano, non già perché mi sento «Sulle spalle dei giganti» che di per sé sarebbe un tema affascinante che, relaziona i giganti e i nani; ma ne compendia il tema forse dell’ imperfetta eterna lotta tra madri e figlie, che vede in ogni gesto d’innovazione  il “servizio” per così dire sghembo ad un gigante precedente, più che a un nano contemporaneo. 
E forse anche per "ammazzare la madre" si recupera l' immagine della nonna, sempre più ingiallita e sfuocata, quasi come dualistica azione al tempo stesso  scaramantica e consolatoria.


 In fondo nessuna di noi dovrebbe rinunciare all’enorme complesso patrimonio che in parte ci ha reso ciò che siamo. E qualunque deriva bisognerebbe schivarla: sin anche nelle differenze generazionali tra madre e figlia in cui non si trovano più plausibili giustificazioni.
 In fondo madri e figlie di oggi vivono talvolta degli stessi modelli, usano gli stessi strumenti, non realizzano più alcuno scarto, in uno strano balletto, talvolta ridicolo, in cui neanche la contestazione soddisfa e legittima più l’esclusivo bisogno di apparire.
 In questa cornice per così dire massmediologica, o duramente sociologica, che rievoca il «... Morire per man dei mercatanti...», capire il senso della storia e spiegarlo a madri, figlie e nipoti, attraverso precisi strumenti e chiavi di lettura critica, non appare cosa né scontata né ovvia.
 Ciascuna donna vive su di sé  - più o meno -  consapevolmente i limiti, le contraddizioni e i paradossi della sua condizione, più che  tutte le reali potenzialità e opportunità  della sua affermazione di donna, riuscendo a fare, grandi cose da sola e poche altre insieme alle proprie simili, specie in territori isolati e periferici. 


Allora io una di loro, insieme a quante lo vorranno, intendo appropriarmi innanzitutto della data storica 8Marzo, in tutto il suo valore intrinseco ed estrinseco. 
In fondo ogni storia è anche una storia contemporanea e rappresenta come tale un patrimonio inestimabile.

Quest’anno perciò la festa dell’8 marzo potrebbe cercare di apparire diversa dal tradizionale appuntamento annuale. Basterà Assumerne tutto il valore simbolico, della festa della donna centesimo anniversario dalla sua nascita.
 Con un Rilancio: proponendo a ogni donna di realizzare nelle forme che le sono proprie, il Significato del suo cammino lungo tortuoso e ancora forse tutto da sviluppare; per aiutare a tracciare nuove strade, e sollecitare noi stesse e gli altri, a nuove forme di “sano” Protagonismo Femminile, forme e declinazioni possibili anche della politica.


Questo può servire a migliorare la società e questo mondo; ma non senza mettere in campo prima di tutto, le analisi dei significati complessi dell’Emancipazione femminile, della sua evoluzione storica, della Riapertura o forse del nuovo Rilancio del dibattito teorico e metodologico dell’identità femminile, che indaghi le complesse relazioni fra genere, potere e cultura nella vita organizzativa ; e in particolare nel carattere pervasivo elusivo e anche ambiguo del genere, senza limitazioni, né restrizioni delle prospettive.


Negli ultimi trenta anni abbiamo assistito a una vera e propria Rivoluzione del concetto stesso di femminilità oltre che del ruolo della donna nella società: dall’identità sessuale femminile “biologica” a quella psicologica e culturale. 


Riflettere dunque su percorsi conoscitivi all’interno delle varie discipline, per mettere a fuoco le specificità del soggetto femminile in un percorso per così dire inverso che dalla parità affermi valorizzi ed esalti, le diversità e il valore a tutto tondo delle donne, permettendo perciò, con fierezza di accogliere le testimonianze del passato senza esasperare i rimproveri o le esaltazioni della storia presente. Sarà l’ipoteca del futuro. 
Perché essere sollecite a offrire al futuro:ciò che intendiamo diventare, con i nostri contributi testimoniali oggi, varrà come patrimonio complessivo domani. 


L’anniversario perciò è solenne: Appetibile occasione di riflessione sulla storia che le donne hanno costruito e, coraggiosamente continueranno a costruire, per noi stesse e le altre, in un faticoso cammino – ancora forse tutto in salita per la conquista dei Nostri Diritti di Cittadinanza.


 Partiamo dunque dalla definizione corretta dell’8 marzo, che dalla seconda guerra mondiale, in poi stabilisce la Giornata internazionale di lotta e di festa della donna sollecitandola all’attenzione dell’opinione pubblica e dei governanti, come la presa in carico di problemi urgenti per Modificarne e possibilmente cambiare condizioni spesso drammatiche, in favore delle emancipazioni, l’uscita dagli stati di soggezione in cui categorie patriarcali e maschiliste, ancora costringono e tengono sotto traccia, un gran numero di donne. 


La storia dei movimenti femminili non ha risparmiato recriminazioni o accuse pregiudizievoli allo sviluppo di certi eventi. Certe posizioni sono state considerate estreme, salvo poi dimostrare il loro brutale utilizzo politico, come uno strumento del guerreggiare. Restano però tutte le Connotazioni valoriali, che se in troppe circostanze hanno diviso anziché unire; che hanno saputo anche affermare il principio della trasversalità dilatando la schiera delle donne, dalle Intellettuali alle casalinghe, operaie, impiegate, insegnanti: Donne prima di tutto. Che al di là della classe sociale o dell’estrazione politica specifica di appartenenza, sono giovani, adulte, anziane, che sanno individuare e rintracciare, il valore di certi principi simbolici, in una mimosa, un fiore povero che ai primi di marzo fiorisce (sebbene oggi è un ramoscello venduto a caro prezzo). 
Una Mimosa simbolo delle nostre non troppo retoriche difficoltà, che ci uniscono e forse ci identificano nel segno del valore.


 La giornata della donna, è dunque adesso più che mai, un’occasione che non può essere sprecata o peggio avvilita magari attraverso la considerazione ad appannaggio esclusivo di Qualche parte; né può essere sbrigativamente snobbata, non adesso per lo meno. Al contrario la ricorrenza dovrebbe essere condivisa da tutte a qualunque latitudine o longitudine, sia pure attraverso contenuti e modalità, che talvolta potrebbero apparire molto diverse. Utilizzata magari per affrontare temi che ancora non trovano parole nelle rivendicazioni delle donne.  Utilizzata ancora per dare rilevanza alla tradizione storica che legittima ieri come oggi, il ritorno delle donne nelle piazze, per sottolineare le violenze, le offese, le tragedie magari quelle del lavoro delle donne, simbolo di un’ oppressione che ha anche i nostri volti. 


 Abbiamo ancora l’urgenza di Sollecitare e Riproporre la necessità di nuove pacifiche forme di lotta. Abbiamo tutte bisogno di denunciare con forza, le responsabilità inadempienti delle istituzioni nel perpetrare l’oppressione femminile, magari quelle che sollecitano e istigano nuove “forme di lavoro” come la prostituzione e mercificazione dei corpi.

Per anni uno slogan magnifico mi ha accompagnato negli anni della mia prima giovinezza; gridato durante manifestazioni geograficamente troppo lontane da me: <<Donna, donna, donna, non smetter di lottare, tutta la vita deve cambiare!>>.
E’ questo che dovrebbe cementare una nuova intesa di donne tra donne, non è Blasfemia, non già nemmeno Immaginazione Visionaria Sessuata, ma pura convenzione del buon senso, di cui in questi tempi si avverte un bisogno disperato. Declinazione possibile dei nostri nuovi percorsi, destinati ad avere, mi piacerebbe sperare, anche un grande significato politico, in tutto il paese, non solo perché “Le donne con le donne possono”; ma perché del cambiamento noi cogliamo l’essenza: cambiare le cose è -infatti- prerogativa  non di “Quote” ma di Persone capaci, di intelligenze che immaginano il futuro anche attraverso gli occhi del presente, perciò anche prerogativa femminile di ciascuna di noi, e non privilegio esclusivo degli uomini. 


E’ ora che le donne si sentano impegnate e comincino a occuparsi non più genericamente d’altro, ma di loro stesse così come di tutte le altre, di quelle cioè che verranno dopo loro stesse. 


 Cominciando a Rispondere sul perché non è il caso di rinunciare adesso all’8 marzo. 
Proprio quando alcune istituzioni cominciano a celebrare la data e forse anche a riconoscerne il senso; e i commercianti, a capire che le mimose rischiano di appassire, se vendute svuotate di senso, come gli accendini e i fazzoletti di carta, magari agli angoli delle strade.
 Studiare e comprendere la storia di questa giornata, la storia delle donne, serve non solo per capire qualcosa di più, ma con ogni evidenza serve a non volerne fare ammenda leggera e leziosa.
Donne siamo dunque in cammino per aderire e sostenere l’azione bisogna Iscriversi e Partecipare.
Coraggio la storia da scrivere se pur centenaria è ancor giovane.
Auguri!


                                                               Donna Bruzia

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