sabato 28 maggio 2011

L'ERMES SENZA TEMPO


E' indispensabile una riflessione profonda sul significato dell'essere pittore oggi, lo è tanto più perché l'attuale epoca storica, che stiamo tutti vivendo hic et nunc ha ormai da tempo imposto una scelta fondamentale circa chi fa della pittura una professione mondana, per certi versi profana, e chi altresì si preoccupa sempre meno di usarla ed adoperarla a fini prevalentemente commerciali, sia pure se il rischio calcolato è quello dell'oblio o dell'isolamento.
Questi ultimi, coloro cioè che non adoperano l'arte, al contrario dei primi, hanno fatto della pittura una autentica ed esclusiva ragione di vita e di ricerca, che si immagina non diversamente essere appassionata e sacrale. 

Questa riflessione, trascinando con se il cèzanniano istante del mondo che passa, è rappresentabile, e  libera l'immagine della pittura da una dimensione più alta ed autentica, quella che la vuole scevra da ogni connivenza e relazione sociale con fini economici.

L'artista trasfigura la pittura in uno specchio di sé, in uno specchio della sua coscienza, del proprio inconscio; strumento esclusivo di libertà e di responsabile consapevolezza, di chi dovrebbe vivere di sé e di per sé , interrogandosi sulle sembianze della sacralità e dell'ermeneutica territorio dell'arte. 
Come direbbe Heidegger, forse l'autentico artista si è sottratto all'apparenza, al presenzialismo, al mercato. Egli, anche quando non è libero da conflitti individuali ed intimi, ha finito col capire quale rara e "dannata" relazione avesse stabilito tra sé è l'altrimente indicibile; si è scoperto con un grande fardello dell'anima: i "materiali" profondi ed oscuri che lo collocano alle soglie dei confini con Hermes il viaggiatore notturno ed esoterico per antonomasia, colui che è "condannato" all'instancabile viaggio per riportare alla luce quei materiali oscuri ed inquietanti, che lo trasformano in un enigma vivente.
L'Hermes senza tempo, sospeso e lacero, che traghetta da sé a sé, le essenze e le sostanze ineffabili, che lo rendono attonito ma forse non del tutto sperduto nella propria contemporaneità.
Perché se è vero – ed è vero – che bisogna riconoscere una certa importanza della realtà, perché l'artista vive nella realtà ed è a questa che Egli attribuisce uno spazio di vita e di riflessione; non si deve trascurare il dato che l'opera d'arte diventa il luogo per così dire della mististificazione, il luogo della conflittualità.
 Il contrasto interiore del quale l'artista è interprete, combina i caratteri della realtà e le sue trasformazioni, dai quali in qualche modo Egli dipende, attraverso la disarmante scoperta che la pittura deve proporsi e scegliere di essere.
Il viaggio ermeneutico che l'artista stabilisce tra sé ed il mondo, è affabulazione, che rende i segni e i confini dell'immagine liberi e visionari: "suoni puri" della pittura.
Manualità ed Intellettualità si intersecano. L'unico punto fermo, unica realtà è l'esperienza individuale – realtà apparente e pesantissimo bagaglio – che stabilisce un rapporto tra soggetto – oggetto e cosa rappresentata; in una dialettica forse del doppio, che lega l'artista alla vita.

L'artista è dunque il principe delle contraddizioni, del dualismo: arte che conosce e quella che dimostra. Lo splendore accecante che Egli vive quale trasparente luminosità dell'anima, deve forse chiamarsi Amore dell'Arte o Amore dell'Essere? Egli, come i "poeti e gli artisti onniscienti e onniconsapevoli come pur sono – perché <<si addossano il male ed il bene di ogni uomo e dell'intera umanità – sanno preservarsi e conservarsi "innocenti" e pagano quella sopravvissuta "innocenza" a caro prezzo, spesso invano, constatando che pagano anche per la babilonia dei non-paganti, cioè dei non pensanti>>  (G. Vigorelli, Follia nera e follia bianca di due grandi selvaggi – Agosta/Tota, Parma 1990).

L'innocenza per ritrovarla ad ogni costo, un poeta, un artista, va a rintracciarla risalendo alle origini della vita, riportandoci faccia a faccia davanti - direbbe Mircea Elide - alla terra genetrix.



                                 Angela Maria Spina
                           








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Pubblicato in ArtiGrafiche Buffetti, 2004