sabato 28 maggio 2011

Le Immagini Nascoste e le Relazioni tra Opposti nella Pittura di Filippo Gallipoli. Genealogia Interpretativa.



L'universo visibile di Filippo Gallipoli, è variegato e complesso, è fatto di forme e colori, ed anche di materia. Quello invisibile, invece, è l'anima stessa dell'uomo, coro di voci oscure, paese straniero abitato da ombre, immagini di stupore e incanto. 

Tempo del ricordo e del rimpianto, tempo della speranza e del disincanto. Occhio profondo nei luoghi della più spenta coscienza, caleidoscopio di un giganteggiante orgoglio che naviga nel mare dell'esistenza fino ai lidi più tenebrosi e nascosti, che svelano la stessa paura di esistere, di un uomo intelligente che ha "cognizione del dolore".

L'universo di Filippo Gallipoli è un sapiente gioco di visibile ed invisibile, ove straordinarie latenze simboliche fluiscono e si intrecciano con accadimenti, occasioni, ricordi ed emozioni profonde, metafore spoglie dell'esistenza umana. 

Non esiste intervento nella sua pittura che non alteri le sicurezze di chi la osservi, perché Egli non intende per nulla procedere a neutralizzare l'autonomia degli accadimenti di ciò che rappresenta. Così come è stridente l'espressione del compromesso con tutte le nostre paure che trasfonde da forme e colori. E' come se egli suggerisse una libera collocazione alla nostra identità, oltre i margini delle nostre certezze, suggerendo che Dio va cercato sempre oltre i luoghi che ne garantiscono la presenza.

I caratteri storici della "grande"crisi che attraversa la nostra società, percorrono per intero la sua produzione artistica. Gli elementi della sua produzione più recente, invece, concedono di esprimere, come margine di esplorazione obiettivo e strumento rifondante, una nuova generale sintesi orientativa del suo pensiero.

La sfiducia nei riguardi dell'IO che progetta, secondo le proprie intenzioni, a priori; la diffidenza verso il senso dell'esistenza intesa come creazione dell'identità dell'uomo col mondo; la svalutazione frustrante della libertà che crea e suppone passioni; sono elementi che comunicano una visione del mondo dilaniata dagli stessi continui mutamenti della realtà, a cui Gallipoli tenta di opporre la ricomposizione complessa del proprio sé con tensione emotiva, la stessa che si avverte in chi comprende la necessità di ricomporre in qualche modo una nuova griglia di senso, che non aderisca in modo mimetico all'esistente.

L'identità dell'autore ed il suo comportamento assicurano all'IO organico della cultura esistente, a quell'IO concluso e cosciente di sé, di spingere la propria scoperta oltre quello che lo sguardo può contenere. La pittura di Gallipoli offre all'IO la possibilità di conoscere e riconoscersi, destrutturandosi. 

Egli ne scortica il proprio solidificato equilibrio, come contraltare di un "Weltanschaaung" che è stata dilaniata dai mutamenti della realtà, ricomponendosi attorno alla più pregnante e complessa esperienza del proprio sé; e permette alla coscienza creativa ed analitica di estrapolare dalla propria composita esperienza l'individuazione di nuove coordinate per un rifondato senso ontologico del proprio modo di fare pittura. 

In questo processo della ricomposizione di sé, a cui l'universo pittorico di Gallipoli non risparmia alcuna fatica, all'IO è dato di ritornare  a scoprire con uno spirito di rinnovata innocenza, tutto il senso dell'esistenza come creazione dell'identità dell'uomo nel mondo e delle sue relazioni con esso, come atto d'amore fra i segni e la pittura; tutto questo in una straordinaria ricchezza di ispirazione ed ideazione, di fermento di vita, in una pienezza di vita "felice", dove vi è posto senza alcuna contraddizione, anche per il dolore, l'angoscia, la morte.

E' un individuo senza limiti quello che rappresenta Gallipoli: senza limiti né del corpo né dell'anima. E' individuo – "luogo" di tutti i possibili rapporti.

L'infinitezza di questa rappresentazione esistenziale, contiene il suo doppio che è di per sé  il suo stesso confine: l'incapacità a far coesistere la libertà e il mondo. Si frenano le passioni ed il mondo diventa estraneo.

<<Un monde dont je suis absent>>, questo è lo sfondo della sua pittura, un luogo ove si è costretti a vivere e ad accettare la vita, ma rispetto al quale ci si sente assenti – dunque – estranei, forse anche rispetto a noi stessi.

La pittura di Gallipoli riesce ad interpretare ed esprimere "timore" dell'esistenza, della libertà e dell'uomo. Timore della stessa pittura, che ha per significato il mondo, vuoto di noi, che si riempie, per noi, di ombre e di mostri : l'uomo stesso diventa "mostro" di se stesso, giacché è assente da sé.

L'amore delle idee e delle cose non trattiene alcuna certezza, neanche quella della espressione creatrice della pittura. Infonde però l'idea che essa sia strumento di impossibile salute, tanto che trasforma gli oggetti di quella pittura in idoli.
Il  colore strappa le forme ed accoglie, trattenendoli tutti, gli indissolubili elementi dell'espressione pittorica, ognuno di essi può essere isolato e giungere fino a perdere i legami con tutti gli altri, diventando esso stesso oggetto di incomprensibile turbamento, ma di grande bellezza.

Quando la ragione fa breccia tra i sensi, le ombre stupite, siano essi di uomini o di donne, spalancano le porte di una sconfinata solitudine che li ha resi estranei dal mondo, fissandosi in immagini e figure che cristallizzano il loro grido. Il sonno, come un melograno turgido di succhi, trasforma l'individuo in "opera d'arte". 

L'individuo creatore è privo di limiti fissi, les "ombres peureuses" toccano nei soli veri limiti della nascita e della fine, l'autentica difesa della solitudine priva di qualsivoglia  sostegno adorandone l'unica certezza: la pittura.

 L'ombra non è più il modello riflesso delle forme viventi, non è né passione né dramma, non è neanche una materna femminile carezza, ma solo oscurità o infinita luce accecante, dove nascondere le nostre paure.

La pittura che nasce da questo mondo rappresenta un deciso tentativo di salvezza, rassegnata o ribelle, che illumina ogni angolo buio, che fruga nei luoghi più oscuri e tristi di ogni tempo e di ogni umana esistenza, in un impeto consapevole di grande umanità.

Il tentativo di attingere ad una realtà impossibile, in molti momenti espresso per sola magia di volontà, dona un senso autentico alla sua pittura, cristallizza gli idoli in un tentativo di liberazione che suggerisce finanche la morte di Dio, quando vi è il vuoto del mondo.

Si dà forma alle cose ambigue, nel tentativo di liberarci dall'informe e dall'incerto, portando alla coscienza i complessi se si ha paura del buio: ma quando si è liberi, nessuna luce di coscienza può liberarci.

I sogni diventano dunque, l'unica cosa reale: estranei al mondo è in essi che ci rifuggiamo. Ma l'immagine che essi riflettono, è immagine altrettanto estranea del come siamo noi a noi stessi.

Credo che tutto il senso della sua pittura esprima in fondo la paura dell'uomo per sfuggire alla propria natura di uomo: rappresentarlo.

Quale meraviglioso sforzo titanico, ingegnosa e raffinata ricerca di tecniche ed approfondimenti, ha accolto negli anni.
Là dove ha sinceramente sentito come imperativo formale tutti gli elementi di una "crisi" in corso, egli ha reso in espressioni molteplici ed equivalenti, la sconfinata impossibilità di nascondersi per non vedere.
 Non ha mancato di coraggio e di fedeltà quando ecletticamente ha rappresentato questo mondo vuoto, popolato di figure e di forme mutevoli di transeunti Dei.

Attraverso l'ironia che accoglie la tragedia di un travestimento umano, ha preparato l'inferno di chi invece  anela a tornare alla luce, a germogliare come un seme sotterraneo. 
Dalla sommità della paura ha fatto nascere una speranza, forse un'illusione, quella che necessita un lume di consenso dell'uomo e delle cose. Se è vero che gli Dei possono morire, è pur vero che si possa creare la persona umana quando la guerra dell'uomo con se stesso si conclude.
Se l'arte indica il futuro, questa la vogliamo leggere sui volti e nei gesti degli uomini e ciò che porterà scritto sarà forse l'amoroso sguardo di un uomo senza paure.
                                                      

                                      Angela Maria Spina







Riproduzione Riservata.








Pubblicato in ArtiGrafiche Buffetti, 2004